di Martina Biassoni
La nuova frontiera del divertimento – vorrei dire in quarantena, ma ho come l’impressione che non sia solo un mese che questo genere di mentalità depravata giri e si diffonda per il mondo – sono i gruppi di revenge porn – e non solo – sui social network.
In questo caso il social network in questione è Telegram, noto per avere delle community guidelines meno severe rispetto a quelle dei social di casa Zuckerberg o a quelle di Twitter, dove da sempre è facile trovare il modo di sdoganare le illegalità, ma questa volta il limite è stato sorpassato alla grande.
Il fatto è che esistono innumerevoli siti porno, contando che già su alcuni è possibile trovare video caricati senza il consenso dei partecipanti, in cui bene o male la maggior parte di essi offre servizi a pagamento dove i diritti delle attrici e degli attori vengono tutto sommato tutelati. Il problema sorto su Telegram è ben diverso e molto lontano da quello che una qualsiasi persona dotata di mente sana potrebbe immaginarsi, infatti la nuova moda è quella di creare dei gruppi molto numerosi (nell’ordine delle decine di migliaia di partecipanti) in cui gli animali che ne fanno parte si scambiano, facendo branco, foto di ragazze commentandole con frasi luride e intrise di violenza.
Già partendo dal nome dei gruppi si capisce che l’ambiente in cui si è inseriti parte da un preconcetto malato, infatti essi inneggiano allo stupro e ad azioni violente nei confronti delle ragazze che, ignare, finiscono per essere le vittime. Perché le foto che si condividono sono a volte foto sexy che magari vengono scambiate fra fidanzati (e questo è il caso di revenge porn, sbagliato già quando avviene mostrando i nudes della ex al proprio migliore amico, ancora più sbagliato è diffonderli e renderli pubblici), ma molto spesso sono dei normalissimi e semplicissimi selfie di ragazze vestite, adolescenti e minorenni per la maggior parte, ma anche adulte, che si ritrovano ad essere incastrate in un nuovo tipo di cyberbullismo che sfocia nella pedo-pornografia ed è, ovviamente, punibile dalla legge. Ma non ci si ferma qui, il solo fatto che queste foto vengano condivise è aberrante, eppure dopo l’invio di ogni selfie non mancano commenti espliciti a sfondo sessuale che elencano alla perfezione “tutto quello che farebbero” alla malcapitata, oppure la loro impressione e cosa, a parer loro, una ragazza farebbe con loro durante un atto sessuale.
Il tutto ovviamente condito da misoginia ed insulti di vario genere.
Il fatto che mandare proprie foto in abiti provocanti al proprio fidanzato sia sbagliato per principio perché non si sa mai che fine una foto possa fare, passa in secondo piano durante una relazione sana, fondata su rispetto e fiducia nel partner. E passa in secondo piano anche in questo caso, perché una persona dotata di un minimo di sanità mentale e di intelligenza è capace sia di discernere cosa sia lecito nel privato di una coppia, sia in pubblico, e soprattutto capisce cosa sia legale e possibile fare – vedi: avvisare la polizia postale dell’esistenza di questi gruppi, magari portando prove; oppure capire che le foto altrui non andrebbero mai nemmeno rimandate all’amico per fargli vedere quanto X sia bella, figurarsi se postarle in gruppi simili sia corretto – in una situazione in cui una qualsiasi ragazza (ricordiamolo minorenne o maggiorenne non importa, anzi meglio se minorenne, piccola, “giovane e fresca”) a partire dalla propria sorella, cugina, amica o compagna di classe sia in pericolo, esposta ad insulti gratuiti, calunnie e ad essere trattata in maniera deplorevole senza aver fatto nulla di male e, soprattutto, senza avere la possibilità di difendersi, né in prima persona, né tramite vie legali.
Ma, del resto, cosa c’era da aspettarsi da una società in cui trattare la vittima di uno stupro da carnefice perché indossava minigonna e tacchi è la norma?!
Il fatto che molti di questi pseudo-ragazzi siano figli, fratelli, cugini e conoscenti rende il tutto ancora più sadico.
Questo tipo di uomini deve imparare che il cervello è stato inserito nella scatola cranica non solo perché così essi avrebbero avuto la capacità neurologica di accogliere gli stimoli e di far sì che “gli s’alzasse” nel momento del bisogno, ma perché li aiutasse a comportarsi da esseri umani evoluti e rispettosi.
E senza nascondersi dietro la scusa che ciò che accade sui social network è finto, perché non è così, dietro un commento, dietro una foto, c’è una persona reale, e la vita astratta sui social sarebbe ora che la si iniziasse a considerare una estensione della vita vera e tangibile, e che si iniziasse a comportarsi di conseguenza.