di Stefano Sannino
Di tutti i monoteismi, l’ebraismo è indubbiamente il più antico. Questa religione particolare, è però diversa da qualsiasi altro culto dell’Oriente mediterraneo ad essa coeve, poiché attestata da un libro: la Bibbia che, già nel III secolo a.C., costituiva una forma embrionale di quella che ci è arrivata fino ad oggi. Ciononostante, l’ebraismo arcaico o, come lo chiameremo, l’ebraismo ante-esilio, è un vero e proprio grattacapo per gli studiosi. Innanzitutto, l’ebraico è una lingua consonantica; vale a dire che, a differenza delle lingue a cui siamo abituati oggi, l’ebraico antico non conosce le vocali nella forma scritta. Se è vero che la Bibbia ebraica su cui studiamo oggi presenta le vocali quali punti e linee poste sotto o sopra le consonanti, è altrettanto vero che questa scrittura -detta masoretica- sia ben più recente rispetto ai testi originali. Ciò implica quindi una certa difficoltà di ricostruzione del testo originale e, dunque, anche di esegesi. A complicare la situazione, vi è anche il fatto che il popolo d’Israele non decise un canone univoco di esegesi del testo sacro fino al periodo della dominazione romana, rendendo il periodo ante-esilio un vero e proprio problema di ricostruzione storica e filosofica per tutti gli studiosi della materia.
Come se non bastasse, non possiamo omettere la presenza di una figura paredra di Elohim, chiamata nei testi Ashera, una misteriosa divinità femminile che pare ricalcasse il ruolo della “Grande Madre” già noto ad altre popolazioni della stessa zona del mediterraneo. Al culto di Ashera pare che si aggiungesse anche il culto di un dio “Ba’al” e di una dea “Astarte” presentato nelle fonti storiche al plurale, come Baalim e Astarti. Questi elementi, da soli, dovrebbero bastare a rendere il quadro dell’ebraismo del periodo monarchico ante-esilio, davvero complicato.
Le fonti bibliche e storiche, non aiutano certo a chiarire la questione. In II re 21, 3 si fa, per esempio, riferimento al re Manasse di Giuda a cui si attribuisce proprio il culto di Baal, mentre con la riforma di Giosia del 640-609 a.C si attesta la distruzione di tutti gli oggetti impiegati per il culto di Baal nel tempio di Gerusalemme. È dunque molto probabile che, effettivamente, l’Israele delle origini fosse quantomeno enoteista, ovvero che venerasse una divinità centrale, ma che ammettesse anche l’esistenza di altri dèi. Fino alla scelta del canone biblico ed alla cristallizzazione della tradizione ebraica così come la conosciamo oggi, la terra di Israele ed il suo popolo rimasero attaccati e legati alle nazioni circostanti ed inglobarono, con ogni probabilità, i loro culti e le loro divinità, affiancandole a quel misterioso Elohim e, probabilmente, anche ad Ashera.
Ancora lontano storicamente dalla fondazione della religione d’Israele come la conosciamo oggi, l’ebraismo arcaico si presenta dunque come un culto ricco di fascino e di mistero, conteso tra la magia dell’oriente ed il pensiero filosofeggiante tipo della Ionia d’Asia, impregnato di misteri a noi pervenuti grazie ad un testo che sarebbe poi diventato il più rivoluzionario e venduto della storia: la Bibbia.