di Gabriele Rizza
L’estate addolcisce tutti o quantomeno assopisce l’opinione pubblica che, durante l’anno, ha a che fare con le innumerevoli gaffe dei politici e delle loro pessime scelte. Quest’ultimi, però, ad agosto non si fermano e continuano la rincorsa alla cura economica del Paese dopo i disastri portati dal Covid-19. Le scelte e i risultati non fanno ben sperare; certo, è chiedere molto più della luna invertire da un giorno all’altro la tendenza negativa, ma davanti ad una crisi si pongono le premesse per il rilancio, e le premesse non lasciano presagire granchè di buono.
Restiamo ancora nell’estate, ormai al termine, e analizziamo i fatti. Il turismo quest’anno ha fatto registrare un meno 25% rispetto alla scorsa estate, era prevedibile ma un pessimo risultato così netto era evitabile? Il governo ha puntato tutto sui bonus, spesso rifiutati da molti albergatori perché il meccanismo di rimborso si impantana nella giungla burocratica italiana. Aldilà del bonus di 500 euro, si poteva ragionare su altri meccanismi semplici e chiari, ad esempio godere di una o due notti in più di pernottamento, offerte dallo Stato; in questo modo, si avrebbe avuto una ricaduta maggiore su tutto il territorio, sia in termini di consumi che di scoperta delle bellezze di ciascun luogo; oppure si poteva diversificare il bonus, tenendo conto della tipologia di turismo (di mare o di arte) offrendo piccoli vantaggi che fanno la differenza: entrate gratuite nei musei o treni a prezzi ridotti per le famiglie.
Dal turismo, passiamo alla scuola. Abbiamo scoperto che non tutti i nuovi banchi saranno prodotti in Italia, ma il governo non ha ancora reso pubblico dove saranno prodotti e a che prezzo. Una grave mancanza non solo per i conti pubblici e l’industria italiana, ma anche perché quello che viene speso per la scuola (come per la sanità) deve essere sempre messo in primo piano in quanto colonne portanti di una nazione.
Infine, c’è il blocco dei licenziamenti, prolungati ancora. Misura giusta per le emergenze, ma che non permette agli imprenditori di pianificare il futuro, anche a scapito dei dipendenti che potrebbero essere poi licenziati in massa a fine blocco. Invece, al blocco andava accompagnato un piano semplice e chiaro di riduzione delle tasse sul lavoro e sulle imprese; ancora non è stato fatto, e né imprese e né lavoratori possono permettersi di navigare a vista, come chi è a al timone di questo governo sta facendo.