di Stefano Sannino
A poco più di 100 Km da Atene, nella Focide del monte Parnaso, sorgono i resti dell’antica città di Delfi, uno dei più importanti siti archeologici del mondo, nonché sede dell’Oracolo più importante di tutto il mondo greco.
Secondo il mito fu Apollo, figlio di Zeus e Latona, ad uccidere un enorme serpente chiamato Pitone, posto a guardia del santuario di Pito (πυθώ), dedicato ad una misteriosa Dea femminile di cui non si conosce l’identità, ma che con ogni probabilità aveva a che fare con la Dea Serpente già citata dall’archeologa M. Gimbutas nelle sue ricerche nel bacino mediterraneo.
Fonti più antiche fanno infatti riferimento anche ad un secondo enorme serpente, questa volta di sesso femminile, il cui nome era probabilmente “Delphine” o “Delfina”, anch’essa custode dell’oracolo e nemica di Apollo.
La presenza di questo serpente-femmina spiegherebbe il nome stesso dell’oracolo di Delfi, mentre quella di Pitone spiegherebbe il nome della sacerdotessa dell’oracolo, chiamata appunto “Pizia”.
Il grande studioso di grecità K. Kerény vede in questa confusione mitologica una sovrapposizione dell’archetipo di apollineo a quello di dionisiaco o, comunque, ad un archetipo ctonio antecedente. Il serpente che custodiva l’oracolo della Dea prima dell’arrivo di Apollo diviene poi anche un animale tipicamente apollineo, mentre la Pizia ne fa derivare il suo stesso nome. Di fatti, l’antagonismo tra serpente ed Apollo raccontato dal mito di Delfi risulta difficilmente spiegabile a fronte delle numerose raffigurazioni che vedono il mostro ed il dio convivere pacificamente per sorvegliare l’oracolo.
Guardando però al resto della letteratura greca ed anche alla mitologia di tutto il bacino mediterraneo, possiamo vedere con chiarezza che questo antagonismo è in verità facilmente spiegabile a fronte del mitologema che ha come protagonisti un essere serpentiforme dai tratti mostruosi ed un dio solare o, alternativamente, un figlio di un dio solare. È il caso di Seth e Osiride o di Apophi e Ra nella cultura Egizia; è il caso di Marduk e Tiamat nell’Enuma Elish sumero; è, ancora, il caso di Tifone e Zeus nella Teogonia di Esiodo. Culturalmente più vicina a noi, anche la Genesi biblica con l’archetipica contrapposizione Serpente-Elohim, può essere inserita all’interno di questo immaginario collettivo mitologico.
Tutte queste divinità e le vicende che le legano sono quindi caratterizzate da una contrapposizione di fondo che esiste tra gli dèi solari e i mostri/dèi serpentiformi precedenti.
Da questo scontro, ovviamente, il serpente ne esce sempre sconfitto dal dio solare, che prende poi il possesso del “regno” precedentemente abitato dal Serpe. Ma come ci insegna lo stesso caso dell’oracolo di Delfi, l’antagonismo con il serpente è il motivo primario per cui il dio solare esiste: senza il serpente e la sua contrapposizione, gli dèi solari che gli uomini hanno venerato per millenni, sarebbero indubbiamente diversi. Ecco allora che il serpente ed Apollo compaiono spesso l’uno al fianco dell’altro nelle iscrizioni antiche, perché sono l’uno la causa dell’altro, l’uno il motivo dell’esistenza dell’altro. Tutto, anche a Delfi, è quindi frutto di uno scontro primordiale e decisivo, ma assolutamente necessario, tra un fantomatico mondo celeste ed un terribile mondo ctonio.