di Martina Grandori
Venerdì 11 ottobre è stata la Giornata Mondiale delle Bambine e delle Ragazze, un motivo in più per aprire gli occhi – se ancora non li aveste spalancati sul tema caldissimo dell’enorme problema delle violenze, dei soprusi e delle discriminazioni di genere che tutti i giorni umiliano bambine e ragazze in tutto il mondo. Tristemente c’è ancora tantissimo da fare. 575 milioni di bambine e ragazze vivono in contesti segnati da discriminazioni di genere, 15 milioni di bambine nell’età della scuola primaria non avranno mai, e scrivo mai, la possibilità di accedere alla scrittura e alla lettura, e solo nel 2019 12 milioni di ragazze saranno vittime di matrimoni precoci, 2,4 milioni di ragazze sotto i 15 anni quest’anno andranno all’altare. Per primo scese in campo l’ONU nel dicembre 2011 che, oltre a promuove campagne umanitarie la’ dove bambine e ragazze ancora vittime di maltrattamenti, si prefisse l’obiettivo di migliorare le loro condizioni di vita coinvolgendo anche le famiglie e la comunità. Fondamentale punto di partenza l’empowerment femminile che si inizia a formare proprio con l’istruzione elementare. Sì perché è dalla prima istruzione, da quella forma di emancipazione e affermazione nel mondo che inizia con la prima elementare che le innocenti vittime di queste atrocità potranno iniziare un cammino verso la parità di genere, potranno pian piano sottrarsi a matrimoni forzati in giovanissima età, a gravidanze indesiderate, a violenze sessuali domestiche, fino ad arrivare al tema degli stipendi inferiori rispetto a colleghi uomini, o al mobbing perché più talentuose. Purtroppo gli scenari trascritti nei diversi report di Unicef e Terre Des Hommes non fanno ben sperare: aumento delle baby soldatesse, delle schiave sessuali e delle spose bambine. La fotografia non rimanda nulla di buono, ma piuttosto l’immagine di una sempre più spesso infanzia negata e soprattutto ignorata da chi dovrebbe impedirlo. Per questo si ritorna sul tema caldissimo dell’empowerment femminile. Bisogna partire da una pari accessibilità all’istruzione, al poter avere lavori dignitosi pagati equamente, ad essere pienamente rappresentate la’ dove si prendano decisioni politiche, economiche e sociali che coinvolgono tutta la comunità. Assicurarsi che i diritti a tutte quelle bambine e ragazze nell’oblio della discriminazione sessuale, bambine e ragazze che nel giro di 20 anni saranno la potenziale nuova classe dirigente non subiscano mutilazioni genitali o che non possano abortire. Per l’occasione Terre des Hommes, che giovedì 10 a Montecitorio ha tenuto una interessantissima conferenza dove ha illustrato il dossier Indifesa, invita a partecipare alla campagna #Indifesa che si prefigge di aiutare bambine e ragazze a sfuggire da povertà, schiavitù e sfruttamento e avere un futuro migliore, partendo dall’istruzione e dalla valorizzazione del talento (questo il link per partecipare alla campagna sui social https://terredeshommes.it/indifesa/attivati/).A Montecitorio c’era anche la ministra per le pari opportunità Elena Bonetti, concorde nell’ammettere che purtroppo siamo ancora parecchio lontani da una svolta sulle discriminazioni, ma bisogna assolutamente agire. Agire partendo con impegno tenace da un cambiamento culturale che insegni alle donne di domani a volersi bene attraverso anche una formazione culturale, sviluppando il proprio potenziale e il proprio talento.È un bellissimo obiettivo, un obiettivo che dovrebbe toccare le coscienze delle comunità, di tutti coloro che si occupano di formazione e istruzione. Forza, non sentiamoci una goccia in mezzo al mare, ma una corrente forte che porterà a nuovi scenari. Paritetici.