L’innominabile c’è o no? È una potente arma di distrazione di massa? O un piccolo toccasana per ferite più profonde?
Il tema delle risorse economiche aggiuntive di cui il governo può, forse, disporre e’ certamente all’ordine del giorno. Ormai sistematicamente assistiamo a questa discussione. Non solo nell’era del governo Renzi, ma ben prima… Ricordo ad esempio, purtroppo, l’inizio della dialettica tra il Premier Monti e Vittorio Grilli. Per quanto mi riguarda attribuisco a quel momento l’inizio di un’occasione persa. Quella di coniugare risanamento dei conti e basi solide per l’avvio della ripresa.
Semplifico per fa capire bene dove collocare temporalmente l’inizio della diatriba, ma aggiungo: lo stesso ostacolo fu una delle cause della crisi del governo Berlusconi ( mi riferisco al rapporto tra Premier e l’allora Ministro del tesoro).
Se siamo d’accordo sul punto, credo occorra uno sforzo maggiore: non commettere l’errore di personalizzare. È evidente che una delle questioni di fondo per dare continuità ad azioni di governo, smettendola con gli “stop and go” e i continui rimpasti di persone, risieda nel rapporto tra politica e tecnici, tra guida del potere esecutivo e ministeri economici. Lo stesso dicasi a cascata per regioni e comuni. Accanto a ciò il nodo, altrettanto decisivo, del rapporto tra politica e dirigenti della pubblica amministrazione.
Personalmente non ho una particolare predilezione di gerarchia per la quale la prima sia superiore all’altra, o viceversa. Penso che si tratti di sfere ugualmente decisive per il successo di qualsivoglia progetto di governo: il punto sta nel comprendere che le ragioni di alcune scelte sono dettate da priorità.
Le quali vanno spiegate in modo chiaro, argomentate ai cittadini.
I dati Istat, Università Cattolica e OCSE su economia e disoccupazione in Italia coincidono in larghissima parte con la mia esperienza “sul campo” in una sorta di indagine empirica degli ultimi tre mesi tra Lombardia, Veneto e Sicilia.
Tutti e tre gli osservatori scientifici dicono quello che ho potuto constatare parlando con imprese e lavoratori: sull’occupazione sta accadendo esattamente la stessa dinamica che avviene nel mercato degli elettori. I lavoratori, come gli elettori, si spostano da un’azienda ad un’altra, da un partito politico ad un altro. Ma il dato storico di quelli recuperati al lavoro come di quelli che tornano ad esercitare il diritto di voto, non cala.
Sulla base delle tre ricerche e di quanto ho potuto constatare, giungo alla conclusione che non occorrano misure estemporanee sul rilancio dei consumi come sono stati i famosi ottanta euro e nemmeno la pur comprensibile proposta dell’altro Matteo su esodati e via dicendo. Evidentemente il problema sollevato da Salvini e’ corretto ma la domanda di fondo è: possiamo impiegare risorse, anche non necessariamente consistenti, per abbassare il tasso dei disoccupati di lunga durata e quindi il tasso di astensionismo? Io credo di si.
Facciamo un esempio concreto. Tanto il Governo quanto Regione Lombardia sembra abbiano compreso che grandi eventi e opere pubbliche (quelle che servono, che seguono la fisionomia del Paese e non la distruggano, quelle non tanto per) siano il primo volano da mantenere attivo nel medio termine, come continua a ripetere la BCE. Tuttavia non possiamo non vedere che per rendere vincente una strategia ampia, occorra il susseguirsi di scelte più o meno rilevanti che ci facciano marciare in modo coerente verso l’obiettivo.
Da questo punto di vista Regione Lombardia ha recentemente siglato alcuni accordi di programma, penso alle aree di Sesto San Giovanni o a quelle di Varese, importanti. Basta così? La risposta è no. In entrambi i casi non è sufficiente un quadro di azioni fiscali e agevolazioni urbanistiche. Occorre riempire tutto questo con quanto più volte affermato, per esempio, da Ifma Italia. C’è la necessità di un contestuale coinvolgimento del territorio “dal basso” ma non nei modi in cui è stato declinato dal modello Milano negli ultimi cinque anni
(Caro Sindaco, ti stimo ma continuo a preferire quello ambrosiano), intendiamoci pur positivo per molti aspetti, bensì attraverso un’operazione di quello che personalmente chiamo effettivo riscatto sociale.
Come si costruisce? Di certo non solo con i sussidi, con le elemosine, con operazioni di immagine… anche con tutto questo. Ma non prendiamoci in giro: o il lavoro lo creiamo, altrimenti facciamo delle splendide operazioni di story telling che però lasciano il tempo che trovano. Possiamo imputare all’amministrazione Obama tutti i difetti che vogliamo ( e pure io li vedo) ma in quell’esperienza tra comunicazione e realtà c’è un rapporto di concatenazione causa effetto che qui non stiamo producendo. Con buona pace del Presidente Napolitano, che per me resta un punto di riferimento indissolubile.
È importante che Regione Lombardia continui a svolgere una funzione nazionale e che in Sicilia si trovino le condizioni politiche per una simmetrica azione di governo.
È importante che Campania e Veneto cambino passo.
È importante dare priorità alle aree metropolitane di queste regioni.
Per questo credo che il protocollo ANCI Lombardia – Costruttori rischi di essere irrilevante se non affiancato da un analogo lavoro sui temi dei servizi urbani legati alla persona. E qui il problema è una certa supponenza di alcuni sindaci del Pd, qui è obbligatorio personalizzare, se vogliamo davvero risolvere i problemi. La realtà va guardata in faccia, non nascosta.
L’Europa ha deciso un dispiego di risorse importanti proprio su formazione, risparmio energetico servizi sanitari alla persona: l’Italia deve agganciarsi a quei provvedimenti.
Jobs Act, riforma del terzo settore, concezione di scuola, garanzia giovani e formazione professionale non lo stanno facendo.
Tesoro e Sviluppo economico non insistono su green economy, nell’edilizia per esempio, fino alle professioni artigiane d’indotto, i centri di ricerca e produzione dell’auto elettrica non esistono, l’internazionalizzazione di esperimenti come quelli veneti sull’alimentazione sana, non avviene. Basta poco per capirlo ma, se non bastasse, torna a ricordarcelo l’ISPRA, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
Regione Lombardia tra Varese Sondrio e Lecco possiede le sensibilità, le competenze tecniche e politiche per insegnare un metodo, lo stesso che le grandi imprese napoletane di Facility insistono nel raccontare. Nell’interesse di tutti.
Silvia Davite