In un contesto difficile come quello attuale, la conoscenza rappresenta per le aziende un alleato valido ed efficace nelle fasi di cambiamento e contro il rischio di impresa
Francesco Manfredi – 11 Ottobre 2018 – La Critica
Il 90% del tessuto economico italiano è composto da micro e PMI e da aziende a conduzione familiare ed è, mai come oggi, sottoposto a una forte pressione sociale, caratterizzata principalmente da un dato demografico che indica un Paese che sta invecchiando e un periodo storico di incertezza economica, finanziaria e politica.
Questa premessa introduce una tematica che inevitabilmente si presenta al cospetto di quasi ogni piccola e media impresa italiana: il passaggio generazionale.
Ciò, in virtù di un passaggio di testimone da una generazione del dopoguerra, del boom economico, in cui ” bastava gettare una lira a terra per raccoglierne cinque “, a una generazione imprenditoriale che ha a che fare con un contesto socio-economico e politico completamente diverso, caratterizzato da globalizzazione, crisi economica, incertezza, cambiamenti sociali e radicali nei consumi.
Insomma, uno stravolgimento totale dei paradigmi.
In Italia il passaggio generazionale rappresenta una questione sociale a cui prestare particolare attenzione, considerando che secondo un rapporto basato sugli studi della Commissione Europea:
- il 67% delle aziende a conduzione familiare non sopravvive al passaggio della prima generazione;
- un ulteriore 50% scompare al secondo passaggio generazionale dell’azienda;
- solo il 15% arriva alla terza generazione;
- perdita di 65.000 posti di lavoro l’anno.
- gli imprenditori italiani con più di 60 anni sono circa il 60% del totale;
- nei prossimi 10 anni saranno 1 milione le piccole e medie imprese che si troveranno ad affrontare questa fase e che, senza un’adeguata preparazione e strategia di successione, quasi la metà sono destinate a scomparire.
Ma è anche una sfida da vincere da un punto di vista culturale se si considera l’aspetto emotivo che coinvolge soprattutto la generazione uscente dell’azienda che fatica ad accettare l’idea di non essere più, da un punto di vista operativo, la guida e il riferimento dell’impresa.
L’eccessivo accentramento è un fenomeno molto diffuso e, allo stesso tempo, dannoso nei confronti della generazione invece entrante.
Lo scrittore e saggista francese Honorè de Balzac, citava:
” Durante le rivoluzioni vi sono solo due specie di uomini. Coloro che la fanno e coloro che ne approfittano “
Il cambiamento, in qualsiasi contesto lo si voglia considerare, rappresenta sostanzialmente una rivoluzione di entità diverse a seconda dell’approccio degli stessi soggetti coinvolti.
Nel caso di un ricambio generazionale, il cambiamento è considerato un percorso che coinvolge la famiglia nell’arco di anni, come si evince da un estratto del Corriere Economia del 2014, ripreso alla pagina 15 di un report di Assolombarda del 2016, nella quale vi sono indicati gli step indicativi su come far vivere l’impresa ai propri successori. Partendo dalla prima visita in azienda all’età di 10 anni, all’ingresso operativo e direttivo in azienda all’età dei 30.
Un percorso condiviso in famiglia con la consapevolezza, però, che il passaggio generazionale non è un affare di famiglia. Ed è proprio per questo motivo che, sempre nel report sopra citato, si consiglia quale condizione necessaria per un corretto ricambio generazionale, affidarsi a attori terzi che apportino contributi essenziali nel successo della fase:
- colmare una carenza di conoscenza da parte dell’imprenditore;
- ridurre le aree delle emozioni, ampliando le valutazioni tecnico-economiche.
E a supporto delle categorie coinvolte, il Coaching e la formazione imprenditoriale.
Rappresentano strumenti essenziali che, se pianificati nel tempo, attribuiscono al passaggio generazionale una nuova veste, un nuovo volto e un nuovo modo di vedere e affrontare questa transizione: un’opportunità di crescita per l’azienda.
Il Coaching, a differenza della classica formazione professionale o manageriale che punta ad approfondire aspetti specifici, è una metodologia che si sta diffondendo negli ultimi anni anche in Italia e le aree di intervento consentono di modellare in particolar modo le capacità comportamentali, motivazionali, gestionali e organizzative della persona affiancata affinché affronti questo momento delicato con la giusta ottica costruttiva, propositiva e, soprattutto, positiva.
Un altro aspetto fondamentale da tenere conto e che in qualche maniera condiziona la generazione uscente nel passaggio generazionale, è riferito al patrimonio nel tempo accumulato. Quel complesso di beni che rende molto sentito il passaggio di consegna in azienda.
Anche in questi casi è indicabile saper delegare a professionisti del settore, magari di fiducia, senza però sottovalutarne l’importanza a conoscere gli strumenti a disposizione della famiglia per tutelare il patrimonio sia aziendale che personale, in Italia non sempre chiaramente suddivisi.
Ed anche in questo contesto, la formazione imprenditoriale arriva a supporto con eventi specifici, siano essi convegni piuttosto che corsi dedicati ed esclusivi.
Henry Ford, noto industriale statunitense:
” Gli ostacoli sono quelle cose spaventose che vedi quando togli gli occhi dalla meta “
E con questo punto di vista si può trattare il cambio generazionale, pianificando una strategia con obiettivi definiti e temporali, consapevole che la conoscenza è un’efficace ed affidabile arma contro il rischio di impresa e un valido alleato nelle fasi di cambiamento.