E’ trascorso più di un mese dall’inizio delle rivolte popolari, guidate dall’opposizione, in Venezuela contro il governo di Maduro e la situazione tende a peggiorare ogni giorno di più. Quotidianamente la polizia effettua arresti tra i manifestanti e non risparmia violenze fisiche nei confronti delle persone fermate fino ad arrivare alla violenza sessuale nei confronti delle donne. Dall’inizio delle manifestazioni il numero delle vittime tra i manifestanti è arrivato a 28 e a oltre 130 i feriti.
Questa tragedia poteva comunque essere evitata ma, ahimè, era un conto che presto o tardi qualche paese produttore di petrolio avrebbe dovuto pagare. La crisi venezuelana ha radici ben più profonde e lontane nel tempo e tutto è iniziato con l’elezione di Obama alla presidenza degli USA il 4 novembre 2008 con la sua voglia di emulare e battere il suo predecessore George W. Bush in fatto di strategia militare, oltre all’incisività negativa sul bilancio dell’Unione della famosa legge Obamacare.
Tutto è iniziato ufficialmente il 2 maggio 2011 con l’uccisione di Osama Bin Laden, che, con molta probabilità è realmente, avvenuta dietro pagamento in territori ad Al-Qaeda ed al suo partito politico chiamato Movimento dei Fratelli Musulmani. Tant’è che nel periodo che di poco precedeva la morte del nemico pubblico numero uno degli USA iniziava la cosiddetta primavera araba che coinvolgeva solo ed esclusivamente quegli stati arabi laici lasciando vivere senza problemi quelle monarchie assolute o quei regimi in cui vige la sharia e non lo stato di diritto.
Tunisia, Libia, Egitto, Yemen e Siria, questi i maggiori stati coinvolti dalla ”primavera araba”: tutti paesi in cui questa “primavera” si è trasformata in un inverno che ha segnato il fallimento dei moti islamici appoggiati dal 44° presidente americano e finanziato dall’emiro del Qatar.
La Casa Bianca ora si trova a dover affrontare il fallimento della sua politica estera in Nord-Africa dove ha perso il controllo della Libia e i suoi principali alleati dell’area (Egitto e Algeria) hanno riallacciato rapporti con la Russia estromettendo gli USA da molti rapporti commerciali. In Medio Oriente oltre perdere la sua influenza, gli USA, verranno penalizzati dalla neonata asse Arabia Saudita-E.A.U.-Kuwait-Bahrein che stanno guardando con occhi benevoli il loro nemico di sempre (Israele) per un’eventuale alleanza contro l’Iran ed il Qatar. Infine vi è la guerra civile in Siria dove gli USA si sono trovati impreparati e si sono indirettamente impantanati a causa delle inaspettate reazioni di Putin, che è corso in aiuto del suo alleato Assad.
L’Unione Europea, intanto, grande zerbino dell’America di Obama ha giocato la partita di Obama nel sud dell’Europa (Spagna, Grecia, Italia e Cipro) cercando di indebolire questi paesi e cercando di farli invadere, in alcuni casi con successo, da orde di clandestini nordafricani che tutto vogliono tranne integrarsi; al contrario cercano di imporre i loro usi e costumi e religione a scapito delle nostre idee, tradizioni e vita spirituale.
Per Grecia e Cipro l’idea era un po’ diversa: indebolire lo Stato ellenico dalle fondamenta, indebolire i suoi governi e tutta l’amministrazione statale forze armate in primis affinchè non avrebbe potuto contrastare ne politicamente e tantomeno militarmente la conquista totale dell’isola cipriota, da parte della Turchia dopo che l’Unione Europea avrebbe provveduto a minare l’economia di Cipro (in parte riuscita) e reso instabile la situazione sociale e politica.
Intanto, la Turchia, ha dapprima rotto la storica alleanza con Israele, ha abbracciato l apolitica di espansione dei Fratelli Musulmani in Siria e ha cercato di avere un ruolo di protagonista nella situazione siriana ma l’appoggio di Israele alla Grecia per scongiurare un’appropriazione di Cipro e gli aiuti cinesi, iraniani e russi al regime di Assad hanno fatto desistere i propositi da visir ottomano di Erdogan.
Ora da dove provengono tutte quelle navi russe cariche di armi e aiuti di vario genere in Siria? Semplice: dalla principale, ed unica, base navale russa di Sebastopoli, in Crimea, quella piccola penisola dell’Ucraina che si protende nel Mar Nero ed allora è li che si devono concentrare gli sforzi con una bella rivolta popolare in Ucraina che faccia crollare il governo filo-russo, impossessarsi dell’oro della riserva ucraina (già inviato nelle notti scorse a bordo di aerei presso la Federal Reserve) e bloccare la base navale dalla quale la Russia può controllare il Mediterraneo.
Nel frattempo scarseggia anche il petrolio, in Libia non si sa più da chi comprarlo, e l’economia interna è in crisi e gli Arabi non sono tanto a buon mercato quindi l’dea di qualche genio è stata messa in atto: prima il Messico ha privatizzato il suo petrolio, ma visto che il petrolio che c’è oltre El Paso non è sufficiente per il fabisogno americano allora si è guardato un po’ più a sud ed ecco spuntare il Venezuela: il principale paese esportatore di petrolio nell’America del Sud ma il regime non è amico degli USA e i suoi giacimenti sono statalizzati ed allora ecco che è cominciata un’altra rivolta che sfocerà in una sanguinosa guerra civile in cui gli USA, pur negando il loro coinvolgimento, ne sono i mandanti e la Russia lo sa ed infatti ha proiettato la nave spia Viktor Leonov SSV-175 a Cuba da dove potrà intercettare i movimenti americani nell’area caraibica.
La politica estera americana dei presidenti del Partito Democratico statunitense si è sempre rivelata un fallimento che ha portato solo povertà, morte e distruzione, seguono alcuni esempi.
John F. Kennedy: crisi cubana seguita ad un suo fallimentare tentativo di invasione dell’isola soffocata all’inizio dell’operazione, regala agli USA la guerra del Vietnam, continuata dal suo successore Johnson e ci è voluto il repubblicano Nixon, e completato da Gerald Ford, per il disimpegno americano da quella sanguinosa guerra nel Sud-Est asiatico;
Jimmy Carter: sottovalutata la rivoluzione di Kohmeini e riesce a perdere uno dei maggiori alleati del Golfo: l’Iran e fa cadere l’ambasciata USA con 52 dipendenti della stessa in mano ai rivoluzionari islamici;
Bill Klinton: ci regala una bella guerra nel cuore dell’Europa contro la Serbia, aiutando la nascita della musulmana Bosnia-Erzegovina (tuttora uno stato in rovina economica), del Kossovo (tramite lo stesso referendum che oggi Obama osteggia in Crimea) e ch eor aè un Paese in cui i partiti politici sono delle vere e proprie organizzazioni malavitose che durante le campagne elettorali si affrontano a colpi d’arma da fuoco e agguati e ci regalerà, a causa della sua inettitudine a sedere nello studio ovale in qualità di presidente ma non per altri motivi (Levinsky docet), la tragedia dell’11 settembre 2001.
Effettivamente ci mancava la devastazione del fallimento di Obama, il presidente amato dalla sinistra “ben pensante” e politicamente corretta.
Gian Giacomo William Faillace