di Alessandro Giugni
Mentre il conflitto tra Russia e Ucraina persiste nell’essere l’unico argomento di discussione a tenere banco tanto nei salotti dei talk show e quanto nei notiziari di qualsivoglia polo radiotelevisivo, nel silenzio dei media l’Eurostat (ossia l’ufficio statistico dell’Unione europea deputato alla pubblicazione delle statistiche e degli indicatori di qualità a livello europeo al fine di consentire confronti fra paesi e regioni) ha diffuso un report estremamente preoccupante (clicca qui per leggere il documento integrale).
Il primo dato che si può cogliere sfogliando le pagine del suddetto documento è quello relativo alla variazione del numero di disoccupati registratosi nei 27 Paesi membri dell’UE in un arco temporale di 9 anni. Se nel 2012 si contavano circa 10.391.000 disoccupati in tutta Europa, nel 2021 predetta rilevazione ha subito una contrazione per un valore all’incirca pari al 50%, venendo registrati 5.800.000 disoccupati.
Se si analizza con maggiore attenzione il dato poc’anzi esposto, però, non si può non notare come ben 2.366.000 dei lavoratori inoccupati in UE siano stati rilevati in Italia. Un elemento che già di per sé dovrebbe allertare la nostra classe politica, considerando che il tasso di disoccupazione nel nostro Paese è rimasto invariato negli ultimi 10 anni, fatto questo che risulta in netta controtendenza rispetto a quanto è avvenuto nel resto d’Europa.
In secundis, risulta quantomai opportuno compiere un’analisi maggiormente approfondita dei dati relativi alla disoccupazione italiana. Dei complessivi 2.366.000 disoccupati, infatti, ben 1.351.400 rientrano nella categoria dei disoccupati di lunga durata, ossia quella nella quale vengono ricompresi tutti coloro che, dopo aver perso un posto di lavoro o cessato l’attività di lavoro autonomo, siano alla ricerca di una nuova occupazione da più di dodici mesi o, se giovani, da più di sei mesi (clicca qui per consultare la versione integrale della statistica elaborata dall’ISTAT).
I dati peggiori nel nostro Paese sono quelli che fotografano la situazione del Sud Italia. Senza considerare le Isole, sono 501.000 i disoccupati di lungo periodo di età compresa tra i 15 e i 74 anni. Considerando le Isole, poi, si arriva a superare le 758.000 unità. Cifre, queste, che da sole superano quelle registrate in tutta la Germania, dove nel complesso sono stati rilevati circa 497.000 disoccupati di lunga durata. Una situazione quella dell’Italia Meridionale che risulta ancor più drammatica se si considera che ben il 10,3% della popolazione residente al Sud risulta essere uscita dal mercato del lavoro da più di un anno.
Infine, esaminando la rilevazione dell’ISTAT (clicca qui per leggerla), è impossibile non cogliere un altro fattore estremamente preoccupante. Dei 758.000 disoccupati di lungo periodo rilevati nel Sud Italia, ben 639.000 risultano aver conseguito al massimo la licenza media. Un dato, questo, che rende ancora più lampante come la crisi occupazionale nel nostro Paese sia aggravata da un livello di istruzione particolarmente basso rispetto a quello registrato nel resto d’Europa e che diviene causa ostativa al reinserimento dei disoccupati in un mondo del lavoro estremamente esigente in termini di competenze come quello odierno.