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domenica, 17 Novembre, 2024

La dieta amica dell’uomo e della terra

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di Martina Grandori

Facciamo subito una premessa, questo articolo non ha nulla a che vedere con questo periodo dell’anno, dove le leccornie e i dolci imbandiscono, ed è una grande gioia, le tavole degli italiani. Nulla a che vedere con un allarme chili in più che questo periodo di feste si accumulano. Queste sono parole per riflettere un attimo su come un buon comportamento alimentare diffuso potrebbe contribuire in maniera concreta al benessere dell’uomo e del del Pianeta.

La dieta amica dell’uomo e del pianeta è la mediterranea, la dieta italiana per eccellenza, la dieta più varia ed equilibrata.

Dichiarata nel 2010 patrimonio Unesco, ripresa ed elogiata da The Lancet, l’autorevole settimanale scientifico inglese, che ha scritto recentemente quanto questo regime alimentare sia bilanciato, invitando le persone a riadottarlo. Questa dieta universale, come l’ha definita The Lancet, se diventasse più comune, eviterebbe fino a 11 milioni di morti l’anno a causa di abitudini alimentari sbagliate. Fu l’americano Ancel Keys che negli anni Cinquanta intuì le potenzialità benefiche di un menù quotidiano dove verdura, frutta freschi, frutta con guscio, legumi cereali e derivati integrali (pasta, pane, farine), olio extra vergine sono i protagonisti, si vive meglio e anche più a lungo. Pesce sì, ma molto meglio quello con le spine, moderato consumo di latte e latticini e poca, pochissima carne rossa. Tutto ciò Ancel Keys lo elaborò 70 anni fa quasi, nel suo centro studi a Pioppi, in Cilento, dove le gioie culinarie mediterranee erano la normalità.

Ma come fa la dieta mediterranea ad essere amica della salute dell’uomo e in contemporanea della Terra? L’argomento è estremamente serio, articolato, complesso e anche tecnico, ma è in pochi punti che si capisce perché chi segue questo regime, aiuta se stesso e la Terra.Basti pensare che alcuni alimenti che la dieta mediterranea limita molto, hanno un impatto rilevante sul problema del riscaldamento globale: manzo, agnello e i formaggi sono al vertice, seguono poi maiale, pollo e uova. Le piante e gli ortaggi, invece, hanno di fatto minor impatto ambientale, pur creando anche loro disagi a madre natura. In buona sostanza se America ed Europa iniziassero a consumare un terzo di carne, assumendo in modo sostanziale pollo o maiale, le emissioni di gas diminuirebbero del 13%. Ma come mai parliamo sempre del malefico gas quando si parla di animali? Semplice. Gli stomaci di mucche e pecore contengono dei batteri che aiutano gli animali nella digestione dell’erba, ma questi stessi batteri creano gas metano, che tutti sappiamo come si manifesta. Il New York Times riporta spesso un dato nelle sue inchieste: il 14,5% dei gas serra nel mondo, provengono dagli allevamenti di bestiame. Per produrre mezzo chilo di proteine animali ci vuole una quantità molto maggiore di terreno (pascoli), acqua ed energia rispetto a mezzo chilo di proteine vegetali. Fondamentale adottare quotidianamente anche strategie pratiche come il non sprecare cibo buttandolo nel cestello dell’umido – non si ha un’idea di quanti resti alimentari ogni famiglia produca, anche involontariamente – imparando a comprare di meno e magari più spesso. Il chilometro zero, come abbiamo già scritto, non è un fattore chiave per ridurre l’inquinamento, dovrebbe esserci più consapevolezza sul cosa c’è dietro in termini di problematiche, ad una squisita fiorentina o ad un hamburger o semplicemente ad una bresaola o un prosciutto.

Con questo nemmeno la dieta vegana può definirsi l’optimum, infatti gli esperti in campo scientifico sostengono che una catena alimentare sostenibile comprende, in maniera misurata, anche gli animali. Misura anche nel consumo di pesce, i pescherecci inquinano le acque, e alcune speci sono allo stremo (non ce ne sono praticamente più). Resta comunque inattaccabile che mangiare pesce ha un minor impatto ambientale.   L’allevamento ittico può essere una soluzione più rispettosa per il clima, a patto però che rispettino normative che spesso però restano nel cassetto.

L’importante è prendere coscienza del fatto che quando mangi, contribuisci al riscaldamento globale, alle emissioni di gas serra e a molto altro. Basterebbe poco per aiutare concretamente il pianeta.

Ma quel poco deve essere di tutti. Una volta si diceva l’unione fa la forza…

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