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giovedì, 28 Novembre, 2024

LA CRIMEA CHIEDE DI ESSERE ANNESSA ALLA RUSSIA. Obama contrario minaccia sanzioni

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Vladimir Putin sfida il mondo e “conquista” la Crimea, dove oltre un milione di filorussi, il 95,6%, ha detto sì all’adesione alla Russia, con un’affluenza dell’89,5%. Il Parlamento di Crimea ha già chiesto l’annessione a Mosca. Ma Usa e Ue annunciano: “Il referendum è illegale, non ne riconosciamo l’esito”. Putin a Obama: “La legge è stata rispettata”. Gli Usa: “Pronti a sanzioni”.

 D’altra parte non si aspettavano sorprese: il sì è a valanga come anche l’affluenza, alta anche nei villaggi tatari, nonostante il boicottaggio annunciato da alcune organizzazioni della minoranza etnica. Intanto all’indomani del referendum, il Parlamento crimeano ha proclamato la Repubblica di Crimea come Stato sovrano indipendente e chiesto l’annessione a Mosca in qualità di nuovo soggetto della Federazione Russa. Hanno votato a favore 85 deputati.

Gli Stati Uniti di Barack Obama e l’Europa tuonano contro il Cremlino bollando come “illegale e illegittimo” il referendum e annunciando sanzioni, Obama ha chiesto anche lo stop immediato alle incursioni in Ucraina. Putin ha ribattuto che “il referendum è pienamente conforme al diritto internazionale”. Lo zar è diventato un’icona in Crimea dove lo amano in tanti, soprattutto giovani, mentre gli anziani preferiscono guadare al passato, sovietico.

A seggi ancora aperti, lo zar del Cremlino aveva dato la sua benedizione: Mosca avrebbe accettato l’esito della consultazione. Poco dopo i primi risultati ufficiali ha parlato anche con Obama per ribadire che la consultazione è legittima, ma anche per “cercare insieme di stabilizzare la situazione in Ucraina”. 

 Il presidente russo ha conversato anche con la cancelliera Angela Merkel, con la quale è in piedi una trattativa per dare luce verde a una missione “su vasta scala” degli osservatori Osce, che da giorni sono stati bloccati alla frontiera settentrionale della Crimea. Merkel, nella telefonata con Putin, ha condannato la presenza delle truppe russe nell’area di Kherson, ultima città ucraina prima del cancello di ingresso in Crimea. Anche il segretario di Stato Usa John Kerry, al telefono con l’omologo russo Sergei Lavrov, ha detto basta alle “continue provocazioni” militari russe nell’est ucraino e in alcune zone contigue alla Crimea.

Kiev, che perde un pezzo di patria, ha annunciato per bocca del ministro della Difesa Igor Teniukh una tregua in Crimea con Mosca fino al 21 marzo, giorno del primo esame della Duma russa della legge per l’annessione di terre straniere e della firma della parte politica dell’accordo di associazione tra l’Ucraina e la Ue. Fino ad allora, non saranno bloccate le unità militari ucraine nella Penisola e “nessuna misura sarà presa contro le nostre infrastrutture e i nostri siti militari” da parte degli oltre 22mila soldati russi presenti. Tuttavia ci sono già notizie di soldati e mezzi blindati ucraini diretti verso i confini con il gigante russo, con tutta probabilità nelle regioni sull’orlo della guerra civile, come Donetsk e Kharkov (come si scrive in russo). Per ora si tratta solo di notizie trapelate sui media di Kiev, che non hanno trovato conferme ufficiali. Se fosse vero, il rischio che i russi decidano loro di attraversare il confine per primi sarebbe molto concreto.

Sullo sfondo le bordate che partono da Washington, Bruxelles e da tutte la cancellerie europee contro le mosse “pericolose e destabilizzanti” del Cremlino, con la Casa Bianca che esorta la comunità internazionale a intraprendere “passi concreti per imporre dei costi” a Mosca. L’accusa a Putin è di aver scelto una strada che lo porterà all’isolamento.

 
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