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mercoledì, 20 Novembre, 2024

La comunicazione nell’era digitale

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1. Il mondo globalizzato verso il caos

Da più parti si parla apertamente di “caoslandia” per indicare che la nostra beneamata Terra si trova ormai in bilico nel bel mezzo del disordine planetario.

Ciò quasi come presentimento del prossimo sconquasso che provocherebbe la nuova autoestinzione della razza umana, come quelli già verificatosi nei precedenti milioni di anni.

Non a caso del resto, nel febbraio 2024, il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha dichiarato ufficialmente che “il nostro mondo sta entrando in un’era di caos”. Lanciando così l’allarme di fronte ai grandi sconvolgimenti e ai terribili conflitti che da diverso tempo divampano tra opposte nazioni di “confine”, causando morti e distruzioni; tutto ciò al “soldo” della finanza delle guerre ideologiche, danaro che produce ed esporta armamenti per miliardi e miliardi di dollari.

Si tratta di situazione drammatica e “disarmante”, che dimostra anzitutto che non sono bastati a far rinsavire l’umanità i 50 milioni di morti della Seconda Guerra Mondiale, con il conseguente successivo fallimento del nuovo ordine mondiale “bipolareest-ovest, illusoriamente concordato nel secondo dopoguerra. Ma è tuttavia evidente che tale previsione è rimasta finora irrealizzata a causa di una geopolitica rissosa anche da parte delle democrazie (?) occidentali sotto l’egemonia della superpotenza USA, attualmente in crisi sia al suo interno, sia sul versante estero.

Siamo intanto un po’ tutti destabilizzati nella prospettiva per cui le tante guerre “a pezzettini”, oggi in atto, possano presto dar luogo alla terza (…ultima!) guerra mondiale “atomica”, minaccia prebellica peraltro già circolante sui social.

In ogni caso, senza farsi troppe illusioni, chi studia il travagliato percorso storico delle diverse civiltà umane trae qualche speranza dal fatto che qualsiasi processo di sviluppo e/o di progresso è sempre alimentato dalla rinascita che fa seguito alle feroci lotte tra i singoli e tra i gruppi contrapposti di “prossimità”. Essendo in generale la logica e il buonsenso da sempre offuscati dalla avidità verso la conquista violenta dei beni e delle risorse materiali funzionali all’esercizio del potere sugli altri.

Tale ingovernabile disordine, che si muove tra “guerra e pace”, è ora reso più evidente dalle ampie potenzialità offerte dalla tecnocrazia (armi comprese). Ciò è comunque considerato diretta conseguenza dell’antica concezione “antropocentrica”, la quale pone appunto l’uomo – con il suo egoismo – al centro di ogni cosa; legittimandolo ad appropriarsi delle risorse disponibili, ad uso e consumo esclusivo della propria casa (eco-nomia). Trascurando invece di considerare che, come giustamente suggerisce e ora addirittura esige la visione “biocentrica”, il primato deve essere attribuito ai diversi beni della casa comune (eco-logia).

È di tutta evidenza infatti che le limitate e ormai residue risorse della biosfera (acqua, aria, suolo) sono indispensabili a tenere ancora in piedi le svariate forme di vita, che sempre più pesantemente premono sulla Terra. La quale risulta attualmente “rimpicciolita” per effetto della globalizzazione, che ha sul piano virtuale interconnesso i continenti, isolando e inimicando nel contempo i popoli tra loro.

Intanto la dittatura del consumismo, imposto da mode smodate e diffuso dai mass media e dai messaggi ingannevoli della comunicazione pubblicitaria e della propaganda politica manipolata, continua a creare il caos e a fare scempio di quel che resta tra le lusinghe del materialismo usa-e-getta.

Da ciò consegue l’“eco-cidio” che sta portando a morire il delicato equilibrio della natura, come tra l’altro dimostra il progressivo surriscaldamento del clima; fenomeno quest’ultimo che causa anche inarrestabili destabilizzanti migrazioni di masse verso geografie ancora “vivibili”.

Purtroppo però un tema così cruciale non interessa la pubblica opinione, attratta e sedotta invece da facili consumi.

2. La comunicazione come “rete sociale

Le scienze applicate hanno da tempo sperimentato che gli esseri umani sono il risultato di una identità complessa, costruita nel corso dei secoli in base al progressivo adattamento biologico e ambientale, che ha reso ogni individuo – pur nella stessa catena di natura – differenziato dagli altri.

Tale caratteristica si mostra come una complicatissima “rete” che collega e intreccia tra loro: a)- la materia organica corporea individuale; b)- la psiche o anima, ossia l’energia che sollecita e movimenta la vita interiore attraverso la sfera cerebrale, i sentimenti, le emozioni, ecc.; c)- lo spirito, inteso come principio immateriale attivo, spesso considerato immortale o di origine divina e che si manifesta come vita, coscienza e consapevolezza dei valori estetici autonomi rispetto alla fredda logica razionale.

Tale intricato fenomeno, di rilevanza bioenergetica e insieme etica, è certamente compreso da chi esplora scientificamente il “come” della nascita e dello sviluppo dell’universo di cui siamo parte. Mentre – come affermava l’astrofisica Margherita Hack (1922-2013) – nessuno è in grado di spiegare il “perché”, cioè il senso e il destino degli spazi siderali e del movimento cosmico che procedono ancora dal caos primordiale; salvo poi a invocare il provvidenziale intervento di un Dio creatore e ordinatore.

Comunque, oltre a doversi misurare con se stesso nell’intricato ginepraio delle “reti” sopra citate, ogni uomo – in quanto animale sociale – deve altresì fare i conti con la realtà del resto del mondo, ossia con i diversi mutevoli contesti ambientali che lo circondano e lo condizionano, nonché con i propri simili e con gli altri esseri viventi, con i quali viene inevitabilmente a contatto.

Per passare dunque dall’io al noi e per superare i limiti e le fragilità dell’ego, appare di fondamentale importanza riuscire a realizzare ed armonizzare le diversità genetiche e socio-culturali presenti sulla terra.

Tale obiettivo può tuttavia realizzarsi solo attivando appropriate “reti sociali”, in grado di integrare le “comunità” di persone e i relativi “corpi sociali intermedi” (associazioni, istituzioni, ecc.), che si formano e si avvicendano nel passaggio delle diverse civiltà.

A loro volta, i suddetti “collegamenti” – in base alle informazioni somministrate (buone o cattive) – alimentano e modificano continuamente le modalità delle “relazioni umane”. Le quali trovano la loro fonte primaria appunto nell’intreccio della “comunicazioneinformazione-formazione”, che nel loro insieme “rappresentano” e rafforzano le identità collettive condivise. Queste ultime si esprimono poi in forme differenziate, che dovrebbero essere tutte finalizzate a creare un tessuto sociale coeso e solidaristico.

Non a caso, infatti, la convivenza sostenibile e pacifica che anima la nostra Costituzione, è fondata sul principio di pari dignità di tutti i cittadini (art. 3). Dignità che si esercita in primis attraverso la libera manifestazione del pensiero (art.21), che consente di partecipare – all’insegna dell’uguaglianza davanti alla legge – ad assolvere in concreto ai doveri inderogabili di “reciprocità” e di “solidarietà politica, economica e sociale” (art.2).

Sappiamo peraltro che, sul piano fisico corporeo, ci consideriamo come il risultato di “ciò che mangiamo”. Sul versante invece della opinione individuale e della connettività sociale, siamo poco consapevoli di essere il risultato delle informazioni che ci vengono propinate e spesso in modo ingannevole.

Nasce da qui l’importanza decisiva della comunicazione leale e corretta grazie al linguaggio, sostanzialmente attivato attraverso l’uso della lingua. La parola (verbo in latino e lógos in greco) è infatti concepita come privilegio divino esclusivo dell’uomo, come ci ricordano i Vangeli: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Giovanni, Prologo, 1-3).

Appunto per questo la comunicazione è anzitutto affidata al linguaggio che, come annota Alessandro Manzoni , “è stato lavorato dagli uomini per intendersi tra loro, non per ingannarsi a vicenda “.

Il linguaggio – che fa parte dell’inconscio proiettato all’esterno – si esprime peraltro secondo modalità differenziate, a cominciare da quella che caratterizza il movimento istintivo del corpo.

Il quale si atteggia e si manifesta in particolare con la mimica facciale e il movimento delle mani, che indicano verso gli altri consenso, dissenso o intenti menzogneri, conformi o meno rispetto al pensiero o allo stato d’animo del soggetto interessato.

Tali manifestazioni condizionano fortemente ogni relazione umana; con tra l’altro rilevanti riflessi anche sul piano del corretto esercizio della giustizia, talvolta depistata da false comunicazioni nel contesto delle investigazioni e tali da indurre in errore tutti gli operatori (giudici, polizia giudiziaria, testimoni, consulenti tecnici, ecc.).

In tal modo infatti la curiosità culturale e la coscienza collettiva risultano imprigionate in gabbie oscure assai lontane dalla virtù della conoscenza e della felicità, deviate invece a causa della più diffusa ignoranza.

Senza infine trascurare il linguaggio proprio dei simboli (dal greco, contrassegno in sintesi), i quali rappresentano – tutti con efficace suggestione seduttiva – attraverso la grafica e le più svariate forme (bandiere e simili), entità e valori astratti, religiosi, politici, ecc.

3. L’ informazione “deviata” della civiltà “liquida

La transizione verso l’era digitale ha trasformato in modo radicale la visione del mondo, proiettandoci nel regno del virtuale: dove un po’ tutti ci ritroviamo connessi e nel contempo isolati. Di conseguenza, sono profondamente cambiate ( per ora in peggio!) le relazioni sociali, sostituite dalle presunte “amicizie” liquide e fredde via social, che di fatto ci lasciano in pasto a “passioni tristi” solo di tipo utilitaristico; confondendo così gli strumenti tecnologici con i valori e le finalità ideali dell’esistenza.

Chi è avanti con gli anni rimpiange perciò le solide reti sociali – ora relegate in soffitta – che i nostri antenati sapevano intrecciare e consumare nella prossimità attraverso “passioni calde” (nel bene e nel male).

Pertanto le citate epocali rapide trasformazioni in corso influenzano anzitutto – per il tramite delle nuove enormi potenzialità della connessione iperveloce – i progetti e le caratteristiche etiche e pratiche che informano e formano le persone e la stessa società.

Ecco perchè, con l’avvento e la diffusione della telematica, e della realtà aumentata dei computer e ora ancor più dell’intelligenza artificiale (IA), i mezzi o strumenti di comunicazione (stampa, tv, radio, videoclip, ecc.) vengono in generale etichettati come telecrazia. Appunto per indicare il loro potere, esercitato attraverso la capacità di manovrare, condizionare e manipolare – anche con l’apporto di prezzolati influencer e relationship manager – le opinioni dei “teledipendenti”, con particolare riferimento al mezzo televisivo.

Siffatto potere, concentrato nelle mani di pochi avidi faccendieri irresponsabili, usa ricorrere abitualmente alla informazione deviata o depistata (fake news, deepfake, video fasulli, ecc.) per mantenere generalizzata l’ignoranza, tesa a sopprimere – nell’attuale società liquida – la capacità critica dei cittadini (elettori e/o consumatori), trasformandoli in sudditi.

Da qui si afferma una sorta di narrativa massimalista, che inventa il sostegno “democratico” (?) al tirannello di turno attraverso elezioni-farsa, partecipate da gente addomesticata tramite la paura prebende o privilegi sottobanco e promesse farlocche.

Pertanto, l’assenza di visioni culturali favorisce le spinte disgregatrici che frammentano e trasformano in rissa la geopolitica, per cui in mezzo mondo dominano ormai dittature e finte “democrature” dispotiche, all’insegna del populismo-sovranismo.

In questo confuso contesto, tipico della “povertà virtuale” che risulta irresponsabile e non apprezza i valori etico sociali, trovano altresì facile diffusione la criminalità comune e quella di stampo mafioso (eco-mafie, ecc.). Trattasi di forme criminose che ormai spadroneggiano impunite e autorizzano il pugno duro tipico delle dittature. Mentre a sua volta il sistema mediatico-economico, sostenuto dal conosciativismo mafia-politica favorisce e copre la stessa criminalità , assai poco contrastata dall’assenza di una auspicata “antimafia sociale” e di educazione alla legalità, trascurata sia in famiglia che a scuola.

Ora, con l’irruzione di IA, il già complicato mondo del post-umano si interroga – tra entusiasmi e timori – sui confini che separano le strutture artificiali (robot e simili) dall’uomo secondo natura (intelligenza creativa, libero arbitrio, ecc.).

Intanto, qualche perplessità suscita già l’utilizzo del metaverso; con particolare riguardo al microchip impiantato nel cervello umano, in grado di “misurare” il pensiero attraverso la mappatura delle onde cerebrali e delle frequenze elettromagnetiche, così da governare e trasferire all’esterno l’energia e le passioni più segrete. Quelle che, ad esempio, sono ora vigenti nella Repubblica popolare cinese che ha introdotto addirittura il reato di “incitamento al malcontento”, previo controllo da parte della polizia morale

Per questo i signori di ChatGpt già si impegnano a etichettare, con marcatori ben visibili, i contenuti creati con gli strumenti di IA (Intelligenza Generativa e Intelligenza Generale), al fine di stabilire il netto confine rispetto ai “contenuti” umani.

Per questo l’UE, per prima al mondo, con l’AI Act – Regolamento approvato il 13 marzo 2024 – ha disciplinato con apposita monumentale normativa, lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’uso corretto e controllato dei sistemi di IA, al fine di contrastare la disinformazione e di garantire il delicato equilibrio tra spinta all’innovazione, privacy e tutela dei diritti umani, della democrazia e della sostenibilità ambientale.

In ogni caso, mentre la macchina si umanizza e l’uomo si macchinizza, la struttura cerebrale dei nativi digitali certamente inventerà nuove forme di linguaggio e di comunicazione, anche grazie l’apporto dei necessari “paletti etici” e della strutturazione di un nuovo cyberumanesimo nella gestione del Digital Age.

Dott. Benito Melchionna
Procuratore emerito della Repubblica

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