di Gabriele Rizza
Bisognerà aspettare il 19 ottobre per avere risposte chiare dal titolare del Viminale Luciana Lamorgese sui disordini di Roma, verificatisi durante una manifestazione no green pass guidata dal movimento estremista Forza Nuova. Cosa strana, perché questa calma stride con l’urgenza sbandierata del pericolo del ritorno del fascismo, e se c’è un’urgenza bisogna dare, con altrettanta tempestività, risposte e spiegazioni agli italiani attraverso il dibattito in Parlamento; altrimenti, questo proclamato pericolo fascista, rischia di apparire come mera pubblicità per i ballottaggi alle comunali di città importanti come Roma. Certo, le indagini richiedono tempo, ma la data del 19 ottobre stride e fa pensare ad una comodità tutta di opportunismo politico. Specie quando il vicesegretario del PD, Giuseppe Provenzano, chiama in causa il partito di Giorgia Meloni, proponendo di relegarlo “fuori dall’arco costituzionale”, e quindi dalla partecipazione attiva e decisionale.
Inoltre, se parliamo di pericolo concreto, l’urgenza immediata non è tanto quella di estirpare il fascismo o sciogliere Forza Nuova (per il quale c’è un iter lungo, che è legale e non politico), quanto di capire come prevenire altri disordini e violenze e cosa non abbia funzionato nel controllo di quella manifestazione culminata nell’illegalità. Le domande alle quali il ministro dovrà prima o poi rispondere senza scappatoie sono molteplici: perché, se già dal palco di Piazza del Popolo, e quindi prima dell’inizio del corteo, i militanti di Forza Nuova incitavano all’assalto della sede della CGIL, i poliziotti incaricati di sorvegliare il corteo non hanno mosso un dito per impedire quanto poi è avvenuto? E perché, se come ammesso dalla stessa Lamorgese “il Castellino è stato oggetto nel tempo di diverse segnalazioni all’autorità giudiziaria per violazioni delle prescrizioni del regime di sorveglianza speciale”, non è stato fatto nulla per impedirgli di parlare sul palco o prevenire ogni conseguenza violenta del suo discorso? C’erano tutte le condizioni per un potenziale pericolo, e forse la strategia del lasciar fare per evitare il peggio non ha pagato.
Diciamo pure che non è colpa delle Istituzioni, ma un ragionamento profondo sui sistemi di sorveglianza delle manifestazioni va fatto, e ogni cattivo pensiero sul fatto che a qualcuno abbi fatto comodo che sia andata così, va dissipato. Per giustizia, e per dimostrare che lo Stato italiano è il contrario di quello che combatte, il fascismo.