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venerdì, 22 Novembre, 2024

INVESTIMENTI STRANIERI, LA FIDUCIA CHE NON CI MERITIAMO

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di Mario Alberto Marchi

Che stanno per arrivare un bel po’ di soldi l’abbiamo capito tutti, ma non tutti credono (per fortuna) che basterà così tanta benzina per far andare meglio la macchina-Paese in modo stabile. Il problema, infatti, sarà impiegare quei soldi in ristrutturazioni profonde, sistematiche. Non a caso l’Europa non si è accontentata di un elenco di linee di spesa, ma ha preteso progetti di riforme.

Ad esempio, un’iniezione potente di capitali, sicuramente potrà far fare un balzo in avanti all’impresa italiana, ma non è detto che la renda attrattiva per investimenti esteri futuri, indispensabili sul lungo termine e per uno sviluppo – appunto – sistemico. Il rapporto EY Europe Attractiveness Survey, studio che analizza l’andamento degli investimenti esteri in Europa, è un indicatore chiaro su come vada affrontata la ristrutturazione. Risulta che nel 2020 l’Italia è stata uno dei pochi Stati europei in crescita rispetto ai cosiddetti “Ide”, cioè gli investimenti diretti dall’estero. A fronte di un calo complessivo del 13% a livello europeo, l’Italia ha fatto registrare un aumento. Ma alla luce, fa da contraltare l’ombra della classifica che ci mette al dodicesimo posto nella graduatoria europea, rappresentando il 2% degli investimenti diretti totali.

Ad attrarre gli investimenti esteri in Italia sono stati i servizi alle imprese, cosiddetti ‘B2B’ (13%), il comparto logistica (12%), finanza (8%) e farmaceutico (7%). Gli investimenti esteri riguardano soprattutto il commerciale e il marketing. Le aree geografiche che beneficiano di più sono il Nord-Ovest (58%) e centro Italia (24%), cioè i territori più digitalizzati e avanzati tecnologicamente.

Come detto – però – serve immediatamente uno scatto in avanti per risalire dal quel brutto dodicesimo posto. Dove mirare per rendere più attrattiva la nostra economia per i capitali esteri? Poco che riguardi l’impresa in sé molto che riguarda regole, norme e costi. Tra gli i disincentivi figurano l’eccessiva burocrazia 55%), le tasse (29%), il costo del lavoro (28%), ma anche fattori più specifici.

Ad esempio, nei casi di controversie, i tempi della giustizia civile italiana che sono più che doppi rispetto a quelli ad esempio di Spagna e Francia, per arrivare a una sentenza definitiva ci vogliono in media più di sette anni, rispetto ai circa tre della media europea. Oppure i costi dell’energia, laddove le imprese italiane pagano in media il 28% in più rispetto alle altre aziende europee.

E pensare che la ricerca EY Europe Attractiveness Survey ci dice che, malgrado tutto, il 50% dei manager europei sarebbero ben disposti ad investire nel nostro Paese. Quanto durerà questa fiducia un po’ cieca? Riusciremo a spendere i miliardi del Recovery in modo da meritarcela?

 

 

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