di Gabriele Rizza
Ilaria Bifarini è un’economista che non si tira indietro quando si tratta di mettere in discussione alcune teorie economiche ormai diventate un dogma per la nostra politica, se queste non portano benefici ai popoli.
Spesso ospite degli studi televisivi e autrice di saggi di successo come “I coloni dell’austerity. Africa, neoliberismo e migrazioni di massa” e il più recente “Inganni economici. Falsi miti di una scienza sociale”, si è soffermata con noi a discutere del difficile momento che sta attraversando l’Italia.
Le misure attuate per contenere l’epidemia hanno avuto l’effetto di danneggiare sempre i soliti: autonomi, lavoratori stagionali, piccole imprese del turismo e dello spettacolo, per dirne alcune. Quanto e come saranno toccate anche le altre categorie?
“In realtà l’emergenza coronavirus in corso non si sta abbattendo solo sulle categorie più fragili, ma è come un ciclone che sta sradicando l’intera economia reale del Paese. Sicuramente le prime vittime saranno i cittadini meno tutelati, ossia i precari, i giovani, le donne, i lavoratori stagionali, non regolari e tutti coloro che non hanno risparmi sufficienti per sopravvivere senza stipendio e garanzia. Saranno loro i primi a perdere il lavoro. Poi, vista la durata, che si sta protraendo rispetto alle più rosee previsioni iniziali, la crisi si espanderà a tutte quelle categorie di imprenditori, esercenti, liberi professionisti, autonomi che si troveranno a far fronte a problemi di liquidità. Molte imprese non saranno più in grado di riaprire. Inoltre, non è vero che la crisi della domanda è temporanea e dunque finito il lockdown la gente tornerà a spendere, rimandando semplicemente i consumi: molti avranno perso il lavoro e quindi la capacità di spesa, alcuni consumi vengono fatti oggi attraverso i giganti del web, mentre ad altri si rinuncerà completamente, perché non ritenuti più necessari. Gli esempi sono molteplici: dal turismo stagionale, la grande vittima, all’industria dell’auto o anche della moda. Non sappiamo ancora quanto durerà questa paralisi del sistema economico: per ora nessuno è immune.”
Il premier Giuseppe Conte ha annunciato altri 25 miliardi oltre a quelli già previsti nel decreto “Cura Italia”. È una somma sufficiente? Nel nostro caso, come bisognerebbe intervenire per frenare questo disastro economico?
“Il danno stimato è di gran lunga superiore, dell’ordine di centinaia di miliardi di euro. La cifra di 25 miliardi appare alquanto modesta. Per impedire il crollo totale del sistema industriale italiano, fatto soprattutto di piccole e medie imprese (PMI), e alleviare i danni del fiorente settore del turismo servirebbero cifre ben più consistenti. All’estero sono stati fatti piani più generosi e di vasta portata. Trump ha annunciato l’helicopter money (soldi a pioggia), che sicuramente è uno strumento efficace in una situazione di emergenza, mentre Macron si è dichiarato pronto a nazionalizzare le imprese francesi da difendere. La Germania ha messo a disposizione ben 550 miliardi. Dovremmo pensare a misure di questo tipo, ma conosciamo bene i vincoli che ci impediscono di fare altrettanto.”
Alla luce delle attuali azioni e dichiarazione della Commissione europea e dei leader degli altri Stati dell’Unione, l’UE per l’Italia è un problema o una soluzione? Questa crisi potrà rendere l’UE più equa e solidale?
Alcuni affermano che si prospetterà una società rinnovata e più giusta, altri credono in un’UE più equa e solidale, ma temo che si tratti di wishful thinking, speranze che dentro di noi vorremmo che si realizzassero. Il consiglio europeo che si è tenuto giovedì scorso conferma tutte le critiche e le perplessità su un’Unione Europea divisa, egoista: i paladini del rigore, nonostante l’emergenza coronavirus abbia rivelato a tutti gli effetti distruttivi, e addirittura mortali, delle politiche di austerity (pensiamo ai posti di terapia intensiva tagliati) continuano a rimanere arroccati nelle loro posizioni. Tra questi gli Stati del nord, in primis Germania, Olanda, Austria e Finlandia, ma anche i paesi dell’Est, tutti si sono dichiarati contrari a condividere i danni economici di un’emergenza che sta colpendo in particolare Italia e Spagna.
L’Unione Europea è stata costruita sul modello neoliberista, che vede la logica del rigore fine a se stesso uno dei pilastri, è improbabile che possa avvenire una rivoluzione keynesiana condivisa, un rovesciamento di paradigma.
Quando si tornerà alla normalità, se ne uscirà presto da queste difficoltà?
L’Italia dovrebbe intervenire subito con misure economiche come l’helicopter money e lo stanziamento di fondi ingenti, che però le sono precluse. Una possibilità da alcuni ventilata potrebbe essere anche quella della moneta fiscale. Il problema basilare è che non avendo sovranità monetaria, ma neanche economica (come avevo già spiegato nel mio ultimo libro “Inganni economici”) ogni strumento sembra essere proibito. Occorrerebbe tempestività, intervenire dopo sarà troppo tardi: siamo un’economia basata in gran parte sulle nostre PMI e se non salvaguardiamo il tessuto produttivo sarà difficile ricostruirlo. La disoccupazione già alta arriverà a livelli insostenibili e lo Stato dovrà trovare degli strumenti per farvi fronte, rischio disordini sociali.