Bologna: una ragazzina quattordicenne è stata rasata a zero dalla madre per punizione, per essersi rifiutata di indossare il velo islamico. La vittima si è poi rivolta alle insegnanti che hanno segnalato il caso alle autorità.
Sulla questione del velo si discute da tempo, spesso sostenendo che si tratta di una “libera scelta” delle donne. Questo caso sembra dimostrare proprio il contrario e rende ancor più necessaria una presa di posizione della politica sulla questione, ma che sia fatta dopo una seria riflessione basata sui fatti e non sulla base di pregiudizi e di slogan. Inutile sottolineare quanto la politica del nostro paese sia lontana dal farlo.
In Francia, dove l’immigrazione è cosa ben più antica che da noi e le comunità islamiche sono numerose e radicate, il problema dell’islamismo (e della sottomissione delle donne) sembra essere ormai fuori controllo. A Parigi esistono interi quartieri dove vige la sharia, la legge islamica basata sui dettami del Profeta. Molte delle ragazze che vivono in questi quartieri sono costrette alla sottomissione e a indossare il velo. Certo, questo tipo di mentalità, fanatica e integralista, è minoritaria, ma gli islamisti detengono il controllo sulle comunità e molti non osano ribellarsi a loro. Una situazione descritta da Giuliana Sgrena, giornalista al di sopra di ogni sospetto di simpatie leghiste o “populiste” in molti libri e articoli. Ciò che sta accadendo nei paesi islamici (e nelle comunità islamiche europee) è una progressiva re-islamizzazione portata avanti da alcuni movimenti islamisti (come i Fratelli Musulmani) ben organizzati e finanziati:
È in corso in questi paesi un processo di re-islamizzazione da parte soprattutto di gruppi islamisti che utilizzano la religione a fini politici per prendere il potere e che fanno leva sul fallimento di alcuni movimenti nazionalisti di alcuni progetti di società laici per imporre una loro nuova visione dell’Islam che comporta dei cambiamenti nei costumi a partire proprio da una maggiore repressione delle donne.[1]
Non a caso le ragazze islamiche francesi si espressero a favore della legge che vieta i simboli religiosi a scuola. Almeno lì potevano togliere il velo e sentirsi pari alle altre ragazze.
E proprio in quella legge troviamo un punto essenziale della questione: il divieto riguarda tutti i simboli religiosi e non solo quelli islamici. La Francia, da decenni, porta avanti una politica di laicità che punta a dare a tutti gli stessi diritti e a impedire prevaricazioni e imposizioni. E questa è l’unico modo in cui possiamo evitare episodi come quello di Bologna: prevenendo insegnando i valori del rispetto e della libertà e punendo gli episodi di prevaricazione. Ed è proprio questo che gli islamisti odiano e combattono. Quel che loro vogliono distruggere è il nostro sistema di diritti e libertà personali e non la “Cristianità” come certi vorrebbero credere. Ciò che li spaventa non è il Cristianesimo, che non mette in pericolo il loro potere, ma le idee di libertà e uguaglianza di tutti gli individui, valori che sono l’opposto della loro prepotenza e potrebbero sgretolare i loro interessi.
Sarà possibile una simile politica in Italia? Al momento sembra di no. Da una parte ci sono gli interessi di certe lobby religiose che impediscono un vero discorso sulla laicità. È difficile pretendere che gli islamici rinunciano a portare i loro simboli nei luoghi pubblici quando alle pareti è appeso il crocefisso. E lo dico da Cristiano e religioso. La neutralità delle istituzioni e dei luoghi pubblici rispetto alla religione avvantaggia tutti, in primis proprio i religiosi che non si vedono imporre una sola visione e non vedono usare la religione per scopi di potere a lei estranei. Inoltre la laicità istituzionale garantisce a tutti quella libertà di culto che significa anche libertà di non credere e di non aderire ai dettami di una religione.
Gli interessi delle lobby religiose non è l’unico problema. La politica dimostra anche una superficialità sull’argomento a dir poco preoccupante.
A “sinistra” si difende il velo come “libera scelta” o addirittura come cosa “femminista” e si candidano perfino degli islamisti (come avvenuto a Milano alle ultime elezioni comunali). In questo modo si accentua proprio quella mentalità bigotta che sarebbe invece da combattere. L’errore fondamentale di queste sinistre (o presunte tali) è di trattare gli islamici come fossero un blocco unico, persone tutte uguali, con gli stessi desideri e le stesse idee. Si finisce così col giustificare atti che, se fatti da un italiano cattolico, avrebbero destato clamore e critiche. Nel nome di un mal inteso discorso sul “dato culturale” si tollera di tutto dicendo “loro sono così” come se esistesse un “loro” unico e non si trattasse invece di individui e persone che devono essere considerate prima di tutto come tali.
A destra invece si assiste al triste spettacolo del qualunquismo e dello sfruttamento delle paure e dei pregiudizi della gente per guadagnare facili consensi. Da parte dei vari Salvini, Mussolini, Meloni si sentono continue critiche e continui slogan che contrappongono “noi” a “loro”, ma non si sentono proposte concrete. Del resto la Lega, che tra questi è il partito principale, quando fu al potere non fece nulla di sensato per risolvere il problema e anzi peggiorò la situazione. Inoltre la continua campagna qualunquista di questi politici non fa altro che aumentare la tensione e l’odio.
Concludiamo, quindi, con la speranza che la politica italiana sappia, finalmente, avviare una discussione seria e concreta e cercare una soluzione al fanatismo. Purtroppo, temo che tale speranza sarà delusa.
Enrico Proserpio
[1] Intervista di Matteo Baldi a Giuliana Sgrena per il sito “Wuz, il social dei libri”, 2008.