Nei giorni scorsi c’è stato l’ennesimo rialzo dei tassi da parte della Banca Centrale Europea finalizzato alla lotta all’inflazione e, non a caso, l’economia inizia a rallentare.
Lo scopo è quello di ridurre investimenti e consumi in modo che, di fronte ad una domanda calante, i prezzi scendano. Nel secondo trimestre dell’anno l’economia italiana ha avuto una battuta d’arresto e da alcuni esponenti del governo italiano sono state mosse critiche verso la politica monetaria della BCE. La lotta all’inflazione è importante, ma è altrettanto importante una buona crescita economica e bisognerebbe trovare un giusto equilibrio fra le due necessità. Bisogna dire che la politica della Banca Centrale Europea guidata dalla Lagarde non ha brillato per lungimiranza.
Una prima considerazione da fare è che si viene da anni di tassi di interesse azzerati, una situazione eccezionale, non normale. Eccezione che è sembrata diventare una regola. In un mercato drogato dai tassi a zero un rialzo dei tassi repentino ha rappresentato un impatto importante. Molti affermano che l’inflazione sia dovuta a fattori esterni come la guerra, la crisi del gas, il Covid, ma dimenticano la politica aggressiva della BCE con tassi a zero e l’aumento della spesa pubblica, ambedue per sostenere la domanda interna. È naturale che questa cura da cavallo prima o poi avrebbe avuto un qualche effetto. Certamente i fattori esterni hanno contribuito, ma si può ben dire che la somma dei vari elementi ha rappresentato una miscela micidiale per l’esplosione dell’inflazione. Le spinte inflattive si sono presentate prima dello scoppio della guerra russo-ucraina e la BCE ha pensato che si trattasse di una situazione temporanea dovuta alla ripresa dei commerci dopo la pausa Covid, non realizzando che si trattasse di qualcosa di più strutturale. Non se ne può essere certi, ma intervenendo sui tassi già in quel momento è probabile che le spinte inflattive sarebbero state più miti. A questo va aggiunto che per anni la Banca Centrale Europea, sia con Draghi che con Lagarde, ha stampato moneta senza remore e acquistato titoli di stato europei per sostenere i paesi più indebitati tra cui si trova l’Italia. Di fronte alla crisi era una politica inevitabile, ma continuare a stampare moneta per tanti anni non poteva che creare conseguenze nel lungo termine. Se si considera che ora il prezzo del gas è tornato ai prezzi anteguerra e l’inflazione continua ad essere alta è evidente che non può essere considerata solo la guerra la causa dei rialzi dei prezzi. I tassi a zero hanno spinto molto gli investimenti, determinando da parte dei soggetti economici spesso un’assunzione di rischi eccessivi, tanto il denaro era gratis ed era un peccato non tentare la sorte. Questo ha determinato, per esempio, il fallimento di alcune medie banche americane e del Credit Suisse.
La fine dei tassi a zero è stato un fatto positivo perché ha determinato la fine di un’anomalia che si protraeva da troppi anni, ma la gestione del rialzo da parte della BCE non pare fatto in maniera ottimale; sarebbe dovuto partire prima e gli incrementi sarebbero dovuti essere spalmati in un tempo più lungo, in modo che il mercato si adeguasse senza traumi.
di Vito Foschi