di Daniela Buonocore
Mentre l’Italia intera era alle prese con i preparativi per le festività natalizie, tra l’armonia dei cenoni e dei regali, il governo Draghi emanava un esecutivo dell’ultimo minuto. Tale esecutivo impone una deadline per poter valutare se siano ancora validi alcuni dei criteri stabiliti, in base ai quali alcuni Comuni hanno ottenuto la gestione autonoma del servizio idrico; se ciò non fosse così, l’acqua ritornerebbe nelle mani di un gestore unico, il quale, nell’ottica della politica della privatizzazione di Draghi, potrebbe con tutta probabilità essere una SPA, anche con un azionariato privato. In Italia, al momento, molti Comuni gestiscono in maniera del tutto autonoma il servizio idrico.
In realtà, già in passato Renzi, con il decreto “Sblocca Italia”, tentò di sfilare la gestione idrica a quest’ultimi. A questa legge fu associata una clausola per la salvaguardia dei Comuni con un numero di abitanti inferiore a 1000 e con un approvvigionamento proveniente da fonti qualitativamente pregiate, da parchi naturali e aree protette che presentassero un utilizzo efficiente della risorsa per la tutela del corpo idrico. Con la nuova riformulazione dell’emendamento 22,6 al dl Recovery, viene aggiunto un ulteriore comma all’articolo che prevede una data di scadenza fissata per il 1 luglio 2022, per la stessa rivalutazione di tali criteri e nel caso in cui, questi requisiti non venissero confermati, la gestione del servizio idrico finirà direttamente nella gestione unica presentata dell’Ente di Governo dell’Ambito. Pertanto vi è il reale rischio che l’acqua passi direttamente nelle mani di aziende private.
Questo è quanto spiegato dal deputato Francesco Forciniti di Alternativa, che resta incredulo alla risposta pubblica data da Federica Daga considerata come “ la regina delle acque”. La Daga (M5S), per anni ha fatto pubblicizzazioni sul diritto inalienabile dell’acqua visto come bene comune e non come fonte di guadagno, attraendo a sé i voti dei comitati ambientalisti, forum dell’acqua e di tutte le associazioni che combattono la propria battaglia verso il bene dell’acqua come fonte comune. Daga ha così risposto in un post scritto dopo il suo intervento in aula: “Noi abbiamo presentato tre ODG specifici sul tema della gestione del sistema idrico integrato che riguardano la Sicilia, la Campania e uno mio di livello nazionale che chiede di dare supporto a territori che possono essere in difficoltà […]”.
La situazione attuale resta comunque invariata; bisogna inoltre sottolineare che già nel 2011 fu messo tutto nelle mani del popolo attraverso un referendum, dove la volontà popolare sancì palesemente la propria richiesta di far sì che l’acqua rimanesse un bene comune, sottraendolo alle logiche del mercato e del profitto. Tutto resta ancora da decidere, ma l’Italia intera è indignata da tanta voglia di speculare sui beni comuni, soprattutto in un momento così delicato.