Il vero tesoretto dello Stato sono le imposte sugli immobili. Alla fine dei conti, per l’anno 2016 sono 40,2 i miliardi versati per il patrimonio immobiliare. Una somma in leggera discesa rispetto agli anni precedenti ma che conferma come le tasse sulla casa siano ancora oggi una grande fonte di guadagno per lo Stato. Un calo di 3,7 miliardi in particolare rispetto al 2015 per l’eliminazione della Tasi e dell’Imu sulla prima proprietà: rimane comunque molto alto il saldo da pagare che ha scadenza il 18 dicembre.
“Fino a qualche anno fa – ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – l’acquisto di una abitazione o di un immobile strumentale costituiva un investimento. Ora, in particolar modo chi possiede una seconda casa o un capannone, sta vivendo un incubo. Tra Imu, Tasi e Tari, ad esempio, questi edifici sono sottoposti ad un carico fiscale ormai insopportabile”. Il rovescio positivo della medaglia? Nel 2017 e nell’imminente 2018 tutte queste imposte non dovrebbero subire alcun aumento. D’altra parte non si parla nemmeno di un possibile decremento.
Se con l’abolizione della Tasi sulla prima casa si è arrivati a risparmiare una cifra abbastanza consistente, sugli immobili strumentali, con il passaggio dall’Ici all’Imu ha visto raddoppiare il prelievo fiscale. “Sebbene sia stata presa qualche misura a favore delle imprese, il quadro generale rimane sconfortante – ha concluso Zabeo – accanirsi fiscalmente su questi immobili non ha alcun senso, se non quello di fare cassa, danneggiando però l’economia reale del Paese”.
I proprietari di seconde o terze case sono realmente preoccupati per la situazione: il carico aggiuntivo legato alla burocrazia non è per nulla indifferente. Come sostenuto dal segretario della CGIA Renato Mason: “Secondo una nostra analisi su dati della Banca Mondiale, per pagare le tasse in Italia sono necessarie 238 ore all’anno. Nell’area dell’euro solo il Portogallo e la Slovenia registrano una condizione peggiore della nostra”.
Sofia Airoldi