di Alessandro Giugni
Nelle prossime ore una delegazione ucraina è attesa a Gomel, seconda città per numero di abitanti della Bielorussia, per l’avvio dei negoziati con Mosca al fine di definire il contenuto di un accordo che porti a una de-escalation del conflitto che da ormai 5 giorni affligge l’Ucraina.
In un momento tanto delicato quanto quello che il mondo si appresta a vivere nelle prossime ore, dipendendo dall’esito dei suddetti negoziati la prosecuzione o meno della guerra russo-ucraina, sarebbe lecito attendersi che UE e USA, che in questi giorni hanno più volte manifestato la propria contrarietà a qualsivoglia tipo di conflitto, si rendessero disponibili a fare tutto ciò che dovesse risultare necessario al fine scongiurare il sempre più concreto pericolo di terza guerra mondiale. Dure sanzioni sono già state comminate negli scorsi giorni e non vi è ragione alcuna di inasprire i toni in un frangente tanto delicato, anche e soprattutto considerato lo spiraglio di luce che sembra essersi aperto con la manifesta intenzione delle parti in causa di sedersi intorno a un tavolo e trattare, così da giungere a una ricomposizione del conflitto senza la necessità di ulteriori spargimenti di sangue.
Inoltre, non più tardi di venerdì 25 febbraio, Josep Borell, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, incalzato dalle domande del corrispondente Mediaset da Bruxelles Leonardo Ponetta, aveva convintamente affermato che “L’Unione Europea non è un’unione Militare” (clicca qui per ascoltare la dichiarazione), dichiarazione questa dalla quale si poteva dedurre la totale contrarietà dell’UE di prendere parte a un conflitto bellico.
A fronte di quanto poc’anzi esposto, non possono non stupire due avvenimenti delle ultime ore. In primis, Ursula Von Der Leyen ha affermato che «Per la prima volta in assoluto l’Unione europea finanzierà l’acquisto e la consegna di armi ed equipaggi per un Paese sotto attacco. È un momento spartiacque», aggiungendo poi che «L’Ucraina è una di noi e la vogliamo nell’Unione».
In secundis, alle ore 10:20 di oggi, Volodymyr Zelensky, sulla scia delle dichiarazioni della Von Der Leyen, ha chiesto l’immediato accesso all’Unione Europea tramite «la nuova procedura speciale semplificata».
I sopracitati recenti avvenimenti non possono non far sorgere due legittimi interrogativi.
Con quale diritto il Presidente della Commissione Europea, senza aver consultato gli Stati Membri, ha parlato di «momento spartiacque», come a indicare l’imminenza dell’ingresso in un conflitto che finirà per riguardare tutta l’Europa? Inoltre, in questo momento l’acquisto e l’invio in massa di armi in Ucraina da parte dell’Unione appare più verosimilmente come una dichiarazione di guerra alla Russia ed è totalmente contrario allo stemperamento di toni che, invece, sarebbe di gran lunga maggiormente auspicabile, nonché utile, alla vigilia del vertice tra Russia e Ucraina che potrebbe portare alla ricomposizione del conflitto in corso.
In secondo luogo, parlare in queste ore di «ingresso immediato dell’Ucraina in UE» rischia con ogni probabilità di divenire un’arma a doppio taglio e di trascinare tutti i Paesi membri in una guerra che, in caso di ingresso dell’Ucraina, diverrebbe non solo necessaria, ma altresì doverosa in ragione dell’art.42, paragrafo 7, del TUE, in virtù del quale i Paesi dell’UE sono tenuti a prestare aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso laddove uno di essi subisca un’aggressione armata sul proprio territorio.
Siamo, dunque, davvero sicuri che i politici ai vertici dell’Unione Europea vogliano realmente la pace?