di Susanna Russo
I dati Istat degli ultimi anni parlano chiaro: oltre l’80% della popolazione italiana non frequenta abitualmente i teatri.
Abbiamo già sviscerato tutti gli effetti che il Covid sta avendo su un’arte che vanta una storia millenaria quale il teatro. Non ci siamo però soffermati su un’analisi riguardante la sua fruizione in tempi pre virus.
Già da anni le poltrone rosse rimangono troppo spesso vuote, e le alzate di sipario nel corso del tempo si sono fatte sempre più economicamente insostenibili.
Sarà allora vero che il teatro si appresta a morire? Che con l’avvento di cinema, film in streaming e piattaforme digitali non c’è più posto per lo spettacolo dal vivo?
E ancora, che quello dei teatranti sia ormai un circolo esclusivo: o si è tesserati o rimanere a casa a fare zapping in TV risulta più semplice e decisamente più economico?
Probabilmente contribuisce anche il fatto che il teatro da tempo abbia perso la sua immediatezza e capacità di intavolare un discorso diretto con la psiche dello spettatore.
Non per niente, nel periodo classico la tragedia aveva come obbiettivo la catarsi, la purificazione. La tragedia proponeva una vicenda verosimile ad una condizione del vivere comune e, attraverso l’immedesimazione, provocava emozioni tanto forti da liberare lo spettatore dal tormento.
Difficilmente questo accade ai giorni nostri, dal momento che l’attore piuttosto che riflettere l’esistenza dello spettatore, si perde nel suo stesso riflesso e si crogiola nella sua arte oscura e incomprensibile allo sguardo della massa, l’ unico di cui il teatro dovrebbe nutrirsi.
Si è arrivati ad una fase di rottura che invece di essere affrontata viene semplicemente arginata o scansata con tentativi di teatro sperimentale, che sanno molto di esperimento e poco di teatro, processo già avviato prima dell’avvento di mascherine e distanziamento sociale.
La verità è che il teatro ancora sopravvive, con tripli salti mortali di chi lo fa, sulla scena e dietro le quinte, ma che forse dovrebbe morire.
Solo se il sipario si abbassasse, le luci si spegnessero e tutto ciò che di artefatto ora lo contraddistingue si azzerasse, il teatro potrebbe rinascere.
Non per niente il regista polacco Jerzy Grotowsy sosteneva che la rivoluzione del teatro consista nella sua spoliazione, in un teatro povero, senza orpelli e abbellimenti, e che si fondi quindi esclusivamente sulla relazione tra attore e spettatore.
Chiara e corretta analisi di una situazione molto drammatica. Dobbiamo aiutare il teatro