Chi si muova in metropolitana a Milano avrà avuto modo sicuramente di vedere manifesti che avvisano del pericolo del tarlo asiatico, invitando i cittadini a segnalarne la presenza qualora lo vedessero.
Il tarlo asiatico (Anoplophora chinensis e Anoplophora glabripennis) è un coleottero cerambicide originario dell’Asia, introdotto per errore con gli imballaggi di legno provenienti dalla Cina, molto dannoso per le latifoglie. Dapprima l’insetto giunse negli USA e, più tardi, in Austria, Francia e Italia. Il primo avvistamento in Lombardia risale al 2000. Dal 2011 ne è attestata la presenza anche nelle foreste svizzere.
L’insetto depone le uova su piante legnose di tutte le grandezze, sia arbustive che arboree. Le uova sono molto simili a un chicco di riso, lunghe cinque o sei millimetri e color crema.
Le larve, una volta nate, si nutrono del legno della pianta scavando lunghe gallerie e portando la pianta alla morte. Le piante più piccole muoiono rapidamente, mentre quelle di grosse dimensioni possono anche sopravvivere anni prima di mostrare i segni del deperimento dovuto all’azione del tarlo. Le larve restano per un anno circa dentro la pianta per poi mutare nell’adulto che sfarfalla durante la bella stagione, da fine maggio a fine agosto, e si sposta volando per brevi distanze alla ricerca di nuove piante.
La femmina depone fino a duecento uova, alla base di un albero o sulle radici affioranti, dopo aver
praticato una incisione dalla tipica forma a T rovesciata. Le larve nascono in una o due settimane e cominciano a scavare nel legno.
Riconoscerlo non è difficile.
L’insetto adulto ha colore nero con macchie bianche irregolari sul corpo. Il maschio raggiunge i due centimetri e mezzo di lunghezza e ha antenne lunghe il doppio del corpo mentre la femmina raggiunge i tre centimetri e mezzo e ha antenne lunghe poco più del corpo. In entrambi zampe e antenne hanno sfumature azzurro-nerastre punteggiate di bianco.
La larva è di colore giallo con il capo bruno. Può raggiungere i cinque centimetri e mezzo o sei di lunghezza e un centimetro di diametro ed è sprovvista di zampe. Come detto sopra, è la larva a scavare le lunghe gallerie nel legno della pianta.
Anche senza vedere l’insetto, è facile riconoscere le piante attaccate. I fori di sfarfallamento, ovvero i fori lasciati dall’insetto appena divenuto adulto per uscire dall’albero, sono di dimensioni notevoli, raggiungendo il centimetro e mezzo o anche i due centimetri di diametro. Si trova inoltre spesso della rosura alla base delle piante. La rosura è quella polverina fatta di polvere di legno mista ad escrementi delle larve derivata dall’azione di rosicchiamento.
I fori sono presenti soprattutto nella parte basale delle piante, sotto il metro e venti di altezza, nelle ceppaie e nelle radici affioranti, ma a volte il tarlo si spinge anche più in alto. Sono stati trovati, in alcuni casi, fori all’altezza di cinque o sei metri.
La cura delle piante che presentano il tarlo è obbligatoria per legge. È infatti previsto che esse debbano essere tagliate e distrutte e che anche la ceppaia e, possibilmente, l’apparato radicale più superficiale subisca la stessa sorte. Purtroppo non esiste ad oggi modo per eliminare il tarlo senza uccidere la pianta.
Se qualcuno di voi avesse quindi una pianta tarlata o ne noti sul territorio deve avvertire il servizio fitosanitario della sua regione. Meglio sarebbe, in caso si riesca a trovare l’insetto adulto o la larva, catturarlo e portarlo all’ufficio preposto della regione. Esistono altre specie di tarlo, autoctone, che non sono dannose per i boschi e che possono essere scambiate, da un occhio profano, per tarlo asiatico. In ogni caso, prima di agire in qualsivoglia modo, avvertite chi di competenza.
Per la Lombardia i riferimenti sono il numero verde 800-318-318 o la mail tarloasiatico@regione.lombardia.it, che potete utilizzare anche per chiedere maggiori informazioni.
A presto!
Enrico Proserpio