di Stefano Sannino
Nelle ultime ore, all’interno dei palazzi di governo, si è deciso per l’introduzione di un “Super Green Pass” che consentirebbe solamente ai vaccinati o ai guariti di avere accesso ad esercenti e ristoranti a partire dalle prossime settimane.Non sarà quindi possibile, secondo le indiscrezioni, accedere a ristoranti, negozi, cinema, musei ed altre attività commerciali, o culturali, per tutti coloro che disporranno del tradizionale Green pass ottenuto tramite tampone.
Ora, se la scelta del governo sul Green pass tradizionale poteva in qualche modo essere difesa in virtù di un’idea puramente teoretica di “salute pubblica”, l’introduzione di questa ulteriore discriminazione sanitaria riaccende il dibattito venutosi a creare già dopo la sospensione degli stipendi per tutti i dipendenti non muniti della certificazione verde.
Il problema alla base di queste decisioni politiche è però fortemente inerente al campo della filosofia; vale a dire che, ancora una volta, la maggioranza del Paese sta delegando il potere legislativo ed esecutivo ad un organo di rappresentanti che non riescono più a fare le sue veci. Come giustamente farebbe notare Bernard Manin, filosofo francese contemporaneo, il governo rappresentativo non è democratico, bensì aristocratico. E questo lo dobbiamo tenere bene in mente.
Attraverso l’elezione dei rappresentanti del popolo, ciò che stiamo facendo è semplicemente creare una casta di politici capaci di dominarci e di imporci la propria volontà, con la scusa di fare la volontà della maggioranza. Eppure, pochissimi riescono ormai a sostenere le scelte dei nostri governi. L’esempio del green pass e del super green pass è solamente una delle molteplici decisioni non condivise dalla maggioranza negli ultimi decenni. Non si tratta qui di essere pro-vaccini o anti-vaccinisti, né di essere di sinistra o di destra: si tratta, ad un livello molto più basilare, di rendersi conto che è la struttura stessa della nostra società a non essere più adatta a questa forma politica di post-democrazia in cui tutti viviamo.
In politica, oggi, non vince chi fa il bene del popolo, ma chi ha più denaro. Già nel XVIII secolo, in Inghilterra, il costo esorbitante delle campagne elettorali faceva sì che spesso ci fosse un unico candidato al ruolo di Primo Ministro. Oggi, in un mondo globalizzato e capitalista come il nostro, i costi delle campagne elettorali sono moltiplicati. Ciò significa che non solo sia il principio del governo rappresentativo ad essere intrinsecamente aristocratico ed anti-democratico, ma anche che la casta politica sia incapace di ascoltare i bisogni e la volontà del popolo.
Quando quindi ci troviamo davanti all’introduzione di un’ulteriore limitazione alla libertà, piuttosto che gridare alla dittatura o tacciare di follia coloro che manifestano nelle piazze, sarebbe nettamente più opportuno chiedersi il perché un piccolo numero di persone, elette grazie al proprio denaro o alle proprie relazioni lobbistiche con i grandi istituti finanziari, abbia il potere di decidere chi entra in un ristorante o chi no, sulla base di un criterio che di scientifico ha veramente ben poco. Non si tratta dunque di fede politica o di fede scientifica: si tratta piuttosto di riuscire a sviluppare un pensiero critico che possa, finalmente, riportare il mondo ad uno stato quanto più vicino possibile alla normalità pre-covid e quanto più tendente possibile alla libertà degli individui.