di Alessandro Giugni
Da ormai ventuno giorni l’Ucraina si trova a dover fronteggiare l’avanzata delle armate russe, la quale, ora dopo ora, è divenuta sempre più violenta. Inoltre, nonostante i plurimi tentativi di mediazione tra le parti, una soluzione diplomatica del conflitto sembra essere ancora lontana. L’inasprimento dei toni è arrivato al punto tale che più volte è stata ventilata l’ipotesi di ricorso al nucleare come extrema ratio in caso di intervento diretto dei Paesi NATO. Risulta, dunque, logicamente semplice prevedere che, nella malaugurata ipotesi di ricorso a suddetti armamenti, il primo bersaglio di un attacco nucleare da parte della Russia sarebbe proprio l’Ucraina.
Un fatto che, però, ben pochi ricordano è l’esistenza di un accordo tra Cina e Ucraina siglato nel 2013 con il quale il Governo di Pechino si era impegnato a proteggere l’Ucraina in caso di attacco nucleare. Una promessa, a conti fatti, di uno Stato dotato di armi nucleari di difendere uno Stato non dotato di simili armamenti nell’ipotesi in cui esso dovesse essere fatto oggetto di minacce da parte di un terzo Stato in possesso di armamenti nucleari. All’atto della sottoscrizione di suddetto accordo l’allora neo-presidente Xi Jinping aveva elogiato la decisione assunta dall’Ucraina nel 1994 di rinunciare a migliaia di armi nucleari rimaste sul suo territorio dopo la caduta dell’Unione Sovietica in cambio di garanzie di sicurezza da parte di USA, Regno Unito e Russia. Testualmente l’accordo tra Cina e Ucraina recita: «La Cina si impegna incondizionatamente a non usare o minacciare di usare armi nucleari contro l’Ucraina non nucleare, e nelle condizioni in cui l’Ucraina subisca un’invasione con armi nucleari o subisca la minaccia di tale tipo di invasione, a fornire all’Ucraina garanzie di sicurezza corrispondenti». Si tratta a tutti gli effetti di un impegno che ricalca quello che nella terminologia americana viene qualificato come ombrello nucleare, benché nel linguaggio ufficiale di Pechino tale espressione sia ripudiata a fronte dell’opposizione della Cina all’esistenza dei suddetti ombrelli nucleari, fatto questo che si può evincere dalle pubblicazioni ufficiali sul sito del Ministero degli Affari Esteri («La Cina non ha schierato armi nucleari nei territori di altri paesi né ha fornito un ombrello nucleare a nessun paese»).
Per meglio comprendere la rilevanza che detto accordo potrebbe assumere in un momento storico quale quello che stiamo vivendo, è opportuno ricordare il contesto nel quale esso venne sottoscritto. Se da un lato vi era, come precedentemente ricordato, Xi Jinping, dall’altro lato vi era Viktor Yanukovich, il quale era apertamente appoggiato dal Cremlino (un gradimento questo che ancora oggi risulta evidente, considerando che dal momento dello scoppio del conflitto russo-ucraino è stata più volte ventilata l’ipotesi di un suo ritorno al governo per far rientrare l’Ucraina nella sfera di influenza russa). L’incontro tra Xi Jinping e Yanukovich si tenne a soli tre mesi di distanza dal’annuncio del Presidente cinese dell’impegno di Pechino nel ricostituire le antiche rotte commerciali della Via della Seta che collegavano la Cina con l’Europa attraverso la Belt and Road Initiative. E il pieno conseguimento di tale risultato risultava (e risulta tuttora) possibile solo ripristinando le vie commerciali che passavano per l’Ucraina.
Tanto le garanzie di difesa in caso di attacco nucleare quanto la necessità di portare a termine la Nuova Via della Seta manifestamente attestano il saldo interesse strategico della Cina di collocare l’Ucraina nella propria sfera di influenza geopolitica. La guerra tra Russia e Ucraina costituisce, dunque, un’occasione unica per il Governo di Pechino, il quale, favorendo una mediazione tra le parti e il raggiungimento di un accordo di pace, potrebbe consolidare la propria influenza sul territorio ucraino, rinsaldare la partnership strategica con la Russia e nobilitarsi agli occhi dell’Occidente e dell’opinione pubblica occidentale.