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martedì, 17 Dicembre, 2024

IL RINASCIMENTO ITALIANO. Perché dire basta al declino intellettuale

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Se aspiriamo ad essere i declinatori pragmatici del pensiero liberista e liberale nella nostra società, dobbiamo partire dalla premessa che vi sono diversità di pensiero e comportamentali che non possono essere trattate più a colpi di maggioranza.

Se il vero federalismo nel nostro orizzonte di valori non è uno specchietto per le allodole, dobbiamo essere i fautori di una forma-Stato che permetta almeno ad ogni generazione di scegliersi la propria Costituzione. Se volessimo individuare immediatamente una caratteristica peculiare dell’italianità che esca fuori dai luoghi comuni, potremmo senz’altro dire che gli abitanti di questo paese non sono affetti dal cosiddetto ‘pregiudizio classico’ nei confronti dell’altro da sé.

Nella nostra storia millenaria trasudano e si formano fin dai primordi elementi di Inter-culturalità che danno luogo a profonde creazioni assolutamente originali dello spazio civile. L’italianità è capace di vedere anche con gli occhi di chi incontra. Questa caratteristica è peculiare della nostra cultura in tutti i tempi, anche quando ha subito offuscamenti storici dovute a sensibilità culturali che abbiamo del tutto inopinatamente importato e, giustamente, mai fatte nostre del tutto.

Schopenhauer che porta dall’oriente la sua visione falsata della millenaria mentalità orientale, non avrebbe mai potuto essere un abitante della penisola, così Nietzsche che non ha mai saputo distinguere, fuori dai suoi pattern di riferimento, il vero significato culturale di Apollo e Dioniso. Gli italiani sono quelli che nella storia, pur frammentati in mezzo a tantissime sensibilità e diversità al loro interno, hanno sempre saputo vivere insieme agli altri senza passare sopra alle loro sensibilità, ma sapendole inglobare e lasciandosi inglobare da esse in forme culturali sempre nuove.

Se ci scrolliamo di dosso, un secolo e passa di ideologismi, possiamo riappropriarci ancora di questa caratteristica unica al mondo che ci contraddistingue e farne di nuovo la nostra forza.Solo il rapporto con l’Islam, merita un discorso a sè stante, da questo punto di vista della possibilità di una pacifica convivenza civile.

L’equivoco culturale che ci ha ridotto ad essere il paese più statalista ed inefficente d’Europa non ci appartiene veramente ed è il refuso di un secolo, il ventesimo, che dobbiamo ormai buttarci alle spalle, insieme a tutto quello che ha prodotto di peggiore. Dobbiamo, intellettualmente, ripercorrere tutte le fasi di questo declino intellettuale che è corso insieme a tutti gli altri aspetti declinanti della nostra società, farne tesoro per non ripeterlo più.

Ci sono i nomi e i cognomi responsabili di questa inversione di valori che ha fatto passare in secondo piano tutto ciò che andava valorizzato, per sostituirlo con degli ideologismi che mai hanno appartenuto alla nostra coscienza e struttura culturale più autentica.

C’è da riguardare la nostra storia degli ultimi cent’anni almeno, senza cattiveria, serenamente, ma con gli occhi di una italianità più sentita e cosmopolita, un’appartenenza che non abbia paura ed anzi la rivendichi come una ricchezza la possibilità eventuale di chiamarci, prima ancora che italiani, veneti, lombardi o siciliani.

Possiamo ancora dire tanto in quest’epoca, come popolo costituito da popoli che liberamente decidano quanto stare insieme, e dobbiamo cogliere la difficoltà attuale che stiamo vivendo, così come abbiamo intimamente affrontato tutte le altre della nostra lunga storia, cioè, come l’opportunità di edificare un nuovo mondo, non necessariamente migliore, ma pieno di opportunità e di sfide per chi lo deve vivere, non un mondo ingessato, precluso, immobile nel nulla valoriale ed esistenziale, come purtroppo quello nel quale ci siamo rifugiati negli ultimi 70 anni.

Sotto molti aspetti, la fase che stiamo vivendo è molto simile, se non proprio speculare, a quando, in prossimità del Rinascimento, geopoliticamente in Europa e nel resto del mondo contavamo ormai pochissimo, ma ancora eravamo la meritocrazia e la migliore intelligenza incarnata nelle persone, se non nella forma-Stato. Riappropriamoci con coraggio del nostro miglior destino di sempre, accettiamo la sfida del mondo globale ed ai nostri figli, magari non lasceremo uno stato sociale onnicomprensivo di tutti gli imprevisti che possano capitare nella vita, ma un futuro da decidere e provare a vivere secondo le loro migliori inclinazioni e talenti.

Cristiano Mario Sabbatini

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