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di Angelo Portale
Nell’articolo di martedì scorso abbiamo asserito che Dio è contemporaneamente «realtà del bene e possibilità del male», possibilità che è diventata possibile solo dopo essere stata vinta. Dio, esistendo, rende reale il bene e possibile il male, impedendone di quest’ultimo la realtà ne rende possibile la possibilità.
Questa affermazione ha portato Pareyson ha coniare l’espressione «male in Dio» che però è stata fraintesa. Essa è stata interpretata come: Dio causa del male, oppure: dentro Dio c’è il male. È innanzitutto da affermare che dire «Dio origine del male» non significa dire «Dio causa del male». Vediamo quindi di seguito cosa vuol dire l’espressione «male in Dio».
La giustificazione radicale dell’espressione “male in Dio” trova le sue prime ragioni nell’ambiguità della libertà originaria: nell’abisso divino trova origine la possibilità del male, la possibilità del negativo, possibilità tenuta presente da Dio solo per debellarla eternamente e per mostrare di più la sua volontà di amore e altresì forse per insegnarci, anche a costo di mettere a rischio la sua opera: che il vero bene è quello voluto e realizzato in possibilità della scelta contraria; che uno stato di mera innocenza e di non conoscenza del bene e del male non sarebbe servito a nulla; né avrebbe reso possibile far vivere, in tutta la sua drammatica identità, ciò che più di ogni altra cosa accomuna la creatura al suo Creatore, ovvero la libertà e mostrare che «In ogni caso l’innocenza, se pure esiste, non ha di per sé, alcun pregio morale. Pregio morale ha solo la virtù, come vittoria sulla colpa».Non il bene, ma il bene voluto, il bene ansimato e realizzato, anche lungo la vertigine della possibilità contraria, che si presenta seducente quanto più vogliamo rifiutarla, ma senza la quale è impossibile ratificare l’identità del primigenio atto eterno: “Dio esiste!” ovvero: “È stato scelto il bene!”.
La distinzione tra «origine» e «realizzazione» del male è la premessa per evitare ogni forma di sospetto verso Dio. È si da dire che il male si è realizzato solo sul piano della storia e la responsabilità di ciò compete solo all’uomo, ma bisogna anche ammettere che l’uomo non ha avuto tanta creatività da poterlo inventare: «[…] egli, ch’è l’unico autore del male, non può tuttavia esserne l’inventore». L’ha soltanto scoperto come possibilità e l’ha realizzato. Detto ciò ribadiamo ancora una volta che la responsabilità attiva della realizzazione del male è sempre e solo dell’uomo.
Tramite la sua caduta (peccato originale), l’uomo trasforma il male da semplice possibilità a realtà effettiva che opera nel mondo della storia. Il male sopito (quello scartato eternamente da Dio) viene risvegliato sulla scena cosmica e quel cammino senza tempo che aveva fatto Dio scegliendosi e scegliendo il bene dall’eternità, viene come ripercorso a ritroso: le profondità divine vengono trasformate nelle voragini di Satana e la tragica storia dell’uomo si svolge ansimante e in modo lacerante tra queste due immani estremità che cercano di tirarlo a sé da una parte e dall’altra.
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