“Gentili Direttori, ho riscontrato come molti di voi, tranne qualche lodevole eccezione, fossero in ferie lunedì 24 aprile, giornata di ponte verso la Festa della Liberazione”. Comincia così una lettera che il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha inviato nei giorni scorsi ai direttori generali del suo dicastero per dire loro che “abbandonare” la gestione dei beni culturali nel bel mezzo di un periodo di vacanza (quando cioè di norma aumenta l’afflusso di visitatori a musei e attrazioni) non è esattamente una buona idea. “Fermo restando che le ferie sono un diritto intangibile – si legge ancora nella missiva – vi faccio osservare che la peculiarità del nostro Ministero, le cui attività trovano particolare riscontro proprio in occasione di queste festività, suggerirebbe una puntuale presenza proprio in questi giorni. Per capirci, è come se le Forze dell’Ordine andassero in ferie quando la città si svuota per le vacanze estive. Con l’occasione, vi preannuncio che il 15 agosto p.v., alle ore 13.00, siete tutti invitati da me per un pranzo di lavoro”.
LA BEFFA DI SANGIULIANO
Il pranzo (delle beffe) di Ferragosto è soltanto una delle ultime trovate che esponenti del governo Meloni stanno escogitando per stanare dalla comfort zone del posto fisso burocrati di Stato e non solo. Con ancora minor garbo, la stessa premier ha infatti convocato i leader delle confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil domenica sera, 30 aprile, nel bel mezzo di un altro ponte e soprattutto a poche ore dalla manifestazione unitaria di Potenza, in programma per il Primo Maggio con Landini, Sbarra e Bombardieri. Costretti insomma a fare gli straordinari, dal momento che l’esecutivo ha intenzione – proprio nel giorno della Festa dei Lavoratori – di varare il decreto che estenderà il taglio del cuneo fiscale ai dipendenti con redditi fino a 35 mila euro, innalzerà i cosiddetti “fringe benefit” a chi ha figli e rimodulerà i sostegni al reddito per chi non trova un lavoro.
LE SETTIMANE DEL CSM
Non è tutto. Adesso che al Csm è arrivato, in qualità di vicepresidente, lo stacanovista Fabio Pinelli, perfino per i magistrati la vita si sta facendo più agra. L’avvocato in quota Lega, appena dopo l’elezione, si è reso conto di un’anomalia ormai consolidata: il mese di tre settimane. Sulle quattro che solitamente compongono il calendario, l’organo di governo del potere giudiziario era infatti solito riunirsi e lavorare per sole tre settimane, le prime, con riunione plenaria (il plenum, appunto) fissata sempre di mercoledì. Ma il ruolino di marcia dei lavori diceva che gli arretrati erano tanti e allora l’avvocato Pinelli ha deciso di fare quel che qualunque capufficio nel settore privato avrebbe fatto: ha chiamato i giudici e ha annunciato loro che avrebbero dovuto lavorare anche nella quarta settimana del mese, finora dedicata al riposo. Un esempio per tutti, o quasi. Perché si sa: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. E allora è accaduto che proprio i politici del centrodestra così attenti a far sgobbare gli altri si siano dimenticati di lavorare a loro volta. Giovedì 27 aprile, causa le troppe assenze riconducibili all’ingorgo dei ponti di primavera, per la prima volta dal 2012 un governo è andato sotto a Montecitorio nella votazione che doveva approvare lo scostamento di bilancio e il Documento di Economia e finanza (Def). Apriti cielo: il ministro Giorgetti ha puntato il dito contro i deputati “che non si rendono conto”, la premier Meloni da Londra ha tuonato per colpa dei fannulloni artefici della “brutta figura” fatta da maggioranza ed esecutivo. E insomma, chi la fa l’aspetti: tutti riconvocati a Roma per un venerdì di votazioni extra. Con buona pace delle partenze intelligenti.
di Alan Patarga