Ormai il ritornello è talmente ripetitivo e (apparentemente) convincente da aver fatto breccia perfino nelle parrocchie, in quel “mondo cattolico” che pure dovrebbe avere gli anticorpi per resistere alle banalità dei luoghi comuni. E invece. Invece è tutto un raccomandarsi a non fare il passo più lungo della gamba, a pensare a sistemarsi, allo stipendio sicuro, a “divertirsi” perfino perché poi chi lo sa se avrete tempo per voi, prima di fare figli. Anzi, un figlio: che già al secondo, se lo annunci, ti guardano come un matto pure se hai il posto fisso e zero pensieri. Per non parlare degli influencer che raccontano di dodici viaggi all’anno e di “sesso quattro volte a settimana” come se chi accettasse la sfida e la gioia di diventare genitore vivesse recluso in cella e facesse voto di castità.
LA SENTENZA DELL’ISTAT
I dati appena pubblicati dall’Istat raccontano di un Paese, l’Italia, nel quale tutte queste raccomandazioni hanno fatto breccia. Eccome: 393 mila nascite nel 2022, per la prima volta sotto il minimo storico delle 400 mila dal 1861 a oggi. Si nasce poco, si muore di più: 713 mila i decessi, per un saldo naturale negativo di 320 mila “unità”. Una diminuzione – ha spiegato una nota dell’Istituto di statistica – “dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. In realtà, tra le cause pesano tanto il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni)”. Insomma: un po’ gli italiani hanno dato ascolto alle loro paure, soprattutto legate all’insicurezza economica, un po’ fanno meno bambini perché stanno invecchiando e i figli o non è più ora di farli o non vengono più (magari perché si è aspettato troppo). Non si fanno figli, in definitiva, anche perché è un bel po’ che se ne fanno meno e ciò ha portato a un incremento dell’età media. Un circolo vizioso che si chiama inverno demografico.
L’INVERNO ECONOMICO
Il punto, per questa nostra rubrica che tratta di temi economici, è però che all’inverno demografico corrisponde necessariamente un inverno economico. L’eterogenesi dei fini per chi si è convinto ormai che prima arrivino i soldi e poi la prole. Una sonora bugia. Meno figli vuol dire, inevitabilmente, meno consumi nell’immediato e una minor sostenibilità del sistema di welfare (leggi: pagamento delle pensioni) nel futuro. E attenzione a dar retta a chi invoca la panacea dell’immigrazione per risolvere il problema del calo delle nascite. Gli immigrati e i loro figli, per integrarsi, avranno bisogno di tempo: partiranno per forza di cose da un minore livello di istruzione e salari più bassi. Una dinamica che realisticamente riguarderà perlomeno un paio di generazioni, con la conseguenza diretta di un monte contributivo inferiore a quello che verrebbe versato dai ragazzi italiani una volta inseriti nel mondo del lavoro. Ingiusto, forse, ma a noi interessano i dati di realtà e non gli auspici. Non è un caso allora che economisti e statistici si affannino ormai da tempo a metterci in guardia: un’Italia senza figli sarà un’Italia più povera. Gian Carlo Blangiardo, che dell’Istat è il presidente, nei mesi scorsi sul punto è stato chiarissimo: se andremo avanti così, ha spiegato, nel 2070 il Pil italiano si sarà ridotto di un terzo. Qualche giorno fa, ricevendo in udienza dirigenti e dipendenti dell’Inps, Papa Francesco è stato se possibile ancora più brutale sbattendoci in faccia la verità: “Non saranno i cagnolini che la gente ha al posto dei figli a pagare le pensioni”. Prima lo capiremo, e prima lo capirà la politica, prima invertiremo la rotta.
di Alan Patarga