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giovedì, 14 Novembre, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga – LAGARDE COME PARISI, MA A BOLLIRE A FUOCO SPENTO E’ L’ECONOMIA EUROPEA

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di Alan Patarga

Mentre la neopremier britannica Liz Truss vara un piano di sostegni da 150 miliardi di sterline per congelare le bollette delle famiglie per due anni e delle imprese per i prossimi sei mesi (ma occhio all’indebitamento), l’Italia ragiona senza costrutto di un intervento tampone da 10 miliardi di euro che non vuole saperne di vedere la luce (è proprio il caso di dire). Certo, noi abbiamo la campagna elettorale e un governo in carica per il solo disbrigo degli “affari correnti” (come se avere o no la corrente non fosse questione urgente e non rinviabile), gli inglesi invece vanno per la loro strada nonostante il peggior lutto dell’ultimo secolo, di quelli da togliere davvero le certezze per di più con un gabinetto in carica da appena due giorni.

INDECISI A TUTTO, CAPACI DI NIENTE

Ma l’indecisione italiana è figlia di quella europea. A Bruxelles difficilmente si troverà la quadra per un tetto al prezzo del gas, cui restano ostili alcuni Paesi, in primis l’Olanda. Non è detto che sia un male: perché una volta adottato – come ha ben spiegato nei giorni scorsi l’economista Mario Seminerio – quel tetto incentiverà i consumi (bollette meno care = vita di sempre) e ai governi per limitare i danni ai bilanci pubblici (pagare la differenza tra prezzo di mercato e prezzo calmierato, qualora si scelga di far ricadere l’onere sulla fiscalità generale) non resterà che perseguire la strada dei razionamenti. Un circolo vizioso che ora le mosse della Banca centrale europea rischiano di peggiorare ulteriormente. Appena ieri, l’istituto guidato da Christine Lagarde ha annunciato il secondo rialzo dei tassi d’interesse nel giro di due mesi: un ulteriore 0,75% che sommato allo 0,50% di luglio porta il tasso di riferimento a 1,25%. Una decisione intempestiva da qualunque parte la si guardi: perché nel vano tentativo di arginare un’inflazione quasi esclusivamente esogena (causata dai rincari energetici e dalle loro conseguenze sulle filiere economiche) finirà per accelerare la recessione europea; ma anche perché, se l’auspicio fosse ridare appeal all’euro e ingaggiare battaglia con l’America in un confronto valutario, potrebbe essere come si dice “too little, too late”, troppo poco e troppo tardi.

L’EURO-TALLONE D’ACHILLE

Guardare prima alla dinamica dei cambi tra le due sponde dell’Atlantico – come suggerisce da tempo Guido Salerno Aletta dalle colonne di Milano Finanza – sarebbe stato sicuramente più saggio. Ma avrebbe richiesto una totale messa in discussione di quanto fatto dalla Bce nell’ultimo decennio. Perché i tassi a zero o negativi dell’Eurozona, che hanno sicuramente ridato fiato ad economie asfittiche come quella italiana sovraindebitata, hanno al tempo stesso tolto competitività alla moneta comune in campo internazionale. Se oggi euro e dollaro oscillano intorno alla parità è perché da mesi ormai – anche per la maggior decisione della Fed – gli investitori hanno scelto di orientare le loro scommesse sull’America, nonostante le scarse performance dell’economia a stelle e strisce. Ha premiato la promessa di rendimenti maggiori, insomma, più ancora di quella della stabilità. Gli effetti della crisi energetica, e la forte esposizione europea al ricatto russo, sono tutto sommato un corollario di questa debolezza. Se soffochiamo a causa del caro-vita, è anche perché nell’ultimo anno l’euro ha perso circa il 20% del proprio valore. In un mondo che ancora prezza tutte le merci in dollari, un peccato imperdonabile: è sui cambi che ci siamo giocati l’inflazione. Adesso Lagarde dice che la ricreazione è finita, che i tassi saliranno ancora (restringendo il credito a famiglie e imprese, favorendo di fatto i default industriali, facendo impennare i mutui e appesantendo i debiti pubblici), ufficialmente per domare l’inflazione, ufficiosamente per rimettere l’Ue in pista contro lo strapotere del dollaro. Il prezzo da pagare sarà altissimo, ma a peggiorare il tutto c’è la sensazione che manchi una chiara strategia di fondo (ancora ieri l’avvocata francese diceva di non avere indicazioni per fissare un tasso neutrale e che molto dipenderà “dai dati”) e che tutto sommato quella in essere somigli molto, più che altro, al metodo di cottura della pasta a fuoco spento suggerito dal premio Nobel, Giorgio Parisi. Una ricetta perfetta per un’Europa decotta.

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