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venerdì, 22 Novembre, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga. LA MANDRAGATA È IL RITORNO DELLA DC

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Come fare a rispettare il diktat europeo sulle pensioni senza sfornare nuovi esodati? Come fare a dare una mano all’edilizia, includendo anche i proprietari di “villette” tra i beneficiari del Superbonus al 110%, senza fare regali a chi possiede invece “villone” con parco e piscina? Come fare, infine, ad abbassare le tasse pur avendo il più alto debito pubblico dell’Occidente?

Non era facile, eppure Mario Draghi è riuscito nell’impresa. Quella appena licenziata dal Consiglio dei ministri non sarà forse una legge di bilancio ideale, ma è complicato non ammettere che si tratti della migliore possibile. Più che varare una manovra, si potrebbe dire parafrasando Gigi Proietti che Draghi ha fatto una Mandragata. Perché accantonare 30 miliardi del bilancio pubblico aggiustando tutto l’aggiustabile, togliendo dove c’era da togliere ma evitando il più possibile traumi a chi ormai s’era abituato alle coccole dello statalismo era impresa da togliere il sonno. A molti, ma evidentemente non all’ex presidente della Bce e al suo ministro dell’Economia, Daniele Franco.

 

GIÙ LE TASSE

Le tasse, per cominciare. Il taglio c’è: non è eclatante, ma a differenza di molti esecutivi del passato che l’avevano promesso salvo poi non attuarlo per le più disparate ragioni contingenti, la riduzione della pressione è inserita nella legge di bilancio e vale più del previsto. Cioè 12 miliardi anziché gli 8 di cui si è parlato per settimane. Perché nel conto, oltre all’alleggerimento dell’Irpef per il ceto medio e dell’Irap per le imprese, ci sono anche le misure per contrastare il caro-bollette (2 miliardi), ritoccare al ribasso alcune aliquote Iva e il rinvio delle temutissime (da aziende e consumatori) plastic e sugar tax.

 

VILLETTE E NON VILLONE

Anche sul mattone, i timori della vigilia si sono rivelati in parte infondati. Resta il Superbonus al 110% fino alla fine del 2023 per condomini e case popolari, ma non c’è l’esclusione tout court delle abitazioni monofamiliari. Per i proprietari delle cosiddette “villette” sarà possibile usufruire dell’agevolazione per tutto il 2022, ma a due condizioni: che si tratti della prima casa e che il reddito Isee dei richiedenti non superi i 25.000 euro. Superato quindi l’equivoco, che equiparava le unità indipendenti a villone da ricchi: come spiegato bene dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, spesso le abitazioni unifamiliari servono a nuclei numerosi o sono costruite in territori extraurbani, non di rado a rischio sismico. Era doveroso distinguere. Anche il bonus facciate, destinato inizialmente a scomparire già dal prossimo anno, resta ma ridotto: la quota scenderà dal 90 al 60%. Anche il Superbonus è destinato a scendere, ma molto più in là: dal 2024 l’incentivo calerà dal 110 al 70%, quota che si ridurrà ulteriormente al 65% a partire dal 2025.

 

REDDITO Sì, MA CON BUONA VOLONTÀ

Quanto al Reddito di Cittadinanza, risultano bocciate le linee estreme: quella di chi ne chiedeva l’abolizione, senza se e senza ma, e pure quella di chi (i 5 Stelle) rivendicava la bontà della misura, nonostante l’evidente flop delle politiche attive (leggi: navigator) che ha portato a un aumento dei sussidiati anziché a un incremento di occupati. La misura resta, i numeri della povertà in Italia dicono che effettivamente c’è bisogno di un intervento che non lasci indietro nessuno, ma serve che chi riceve aiuti dallo Stato mostri sul serio di avere buona volontà, rimettendosi in gioco. E così, già al primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua, l’assegno sarà ridotto. Al secondo, si perderà direttamente il beneficio. Finora le occasioni erano tre.

 

PENSIONI E GIORNALISTI

Quota 100 finisce, ma non torna la Fornero. Anche sulla previdenza, si è trovato un compromesso che evita nuovi esodati a partire dal prossimo 1° gennaio. Nel 2022 scatterà infatti, sebbene per un solo anno, quella che è già stata ribattezzata Quota 102: si potrà cioè andare in pensione con almeno 64 anni di età (anziché i 62 di Quota 100) e 38 di contributi. Dal 2023, però, si torna alla legge ordinaria: serviranno i fatidici 67 anni per lasciare il posto di lavoro. Accanto a questa mediazione, una serie di contromisure per ammorbidire ulteriormente il passaggio: allargamento dell’Ape sociale, con l’individuazione di ben 23 nuove categorie di lavori gravosi che potranno accedere all’anticipo pensionistico; la proroga di Opzione donna (ma l’età sale da 58 a 60 anni con 35 di contributi, e 61 anziché 59 per le lavoratrici autonome); ampliamento dei contratti di espansione, che consentiranno alle imprese con più di 50 dipendenti di mettere a riposo il personale fino a 5 anni prima del previsto.

 

TORNA LA DC

La Mandragata è tutto questo. Una legge di bilancio europeista (le indicazioni di Bruxelles sono, nella sostanza, rispettate) senza essere ideologica. Senza cioè tagli netti con il passato, come quelli che a cavallo tra 2011 e 2012 mise a segno il governo dei tecnici. Draghi non è Monti: entrambi sono passati per le stanze della burocrazia europea, ma uno arrivava dritto dall’accademia, mentre l’altro ha maturato la sua lunga esperienza anche al Tesoro, dove era arrivato nell’ultimo scampolo della Prima Repubblica. Non è esagerato dire che il metodo Draghi, tutto sommato, segna il ritorno della Dc al governo del Paese.

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