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giovedì, 21 Novembre, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga – EUROPA MATRIGNA? MACCHÈ, SIAMO NOI GLI INCAPACI (A SPENDERE)

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Premessa dovuta. I soldi per l’Italia ci sono, sempre. Per esempio, del fondo Next Generation Eu, quello che finanzia il nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), siamo i principali fruitori a livello comunitario, con un gruzzolo da quasi 200 miliardi per progetti potenzialmente fondamentali per il rilancio della nostra economia. Una mole di denaro che, per la prima volta, ci ha recentemente fatto perdere il nostro status di Paese “contributore netto”, cioè che versa a favore del bilancio Ue più di quanto riceva in finanziamenti a fondo perduto e prestiti agevolati.

IL PNRR DA RISCRIVERE

Le cronache di questi giorni raccontano però di un meccanismo già parzialmente inceppato: tanto che la rata da circa 19 miliardi attesa in pagamento per la fine di marzo è slittata di qualche settimana. Ordinaria amministrazione, hanno garantito tanto il governo (per bocca del ministro Raffaele Fitto) quanto il commissario europeo Paolo Gentiloni. Nessuna ragione per non credere loro, ma che si tratti di un segnale di prematura stanchezza è innegabile. Il problema è che alla velocità di afflusso dei fondi non sta corrispondendo un’azione ugualmente tempestiva di programmazione e messa a terra degli interventi. Tra lentezze burocratiche, difficoltà legate alla carenza di materie prime, aumento dei costi e difficoltà a reperire personale all’altezza di confezionare bandi pubblici adeguati, l’Italia – e in particolare gli enti locali – si sta evidentemente avvitando. L’esecutivo Meloni accusa i governi precedenti – Conte e Draghi – di aver compilato una lista dei desideri di difficilissima realizzazione e di dubbia utilità. Il Pnrr, dicono insomma dalla cabina di regia di Palazzo Chigi, andrebbe almeno parzialmente riscritto. Bruxelles non ha detto no, aprendo di fatto a un negoziato che però rischia di rallentare i flussi di finanziamento che però hanno un orizzonte temporale ben preciso: entro e non oltre il 31 dicembre 2026.

I FONDI INUTILIZZATI E IL PONTE

Riuscirà Roma a non “bucare” l’appuntamento? I precedenti non lasciano ben sperare. Proprio nelle ultime ore, la Commissione europea ha pubblicato i dati sulla spesa dei fondi strutturali Ue per il periodo 2014-2020: dicono che abbiamo utilizzato il 62% delle risorse, peggio di noi ha fatto soltanto la Spagna. Per numerose partite, soprattutto quelle legate al fondo React-Eu che servirebbe a riparare i “danni” del Covid alla nostra economia, sono a zero o quasi. Secondo gli ultimi calcoli, per essere in linea con quanto chiesto da Bruxelles dovremmo riuscire a spendere entro la fine dell’anno in corso (sette mesi e mezzo) ben 29,9 miliardi di euro, ossia quanto messo a bilancio a partire dal 2015. Mission impossible. Di più: il nuovo accordo per i fondi strutturali 2021-2027 ci ha assegnato altri 75 miliardi che chissà se e quando cominceremo a spendere. Per questo appare piuttosto ridicola la polemica (durata poche ore) sulle “coperture mancanti” nel Def per il Ponte sullo Stretto di Messina, che costerà circa 14 miliardi e mezzo di euro. Il governo ha precisato che le risorse saranno individuate con la prossima legge di bilancio, come avviene sempre per opere di questa portata. E infatti verrebbe da dire che – vista la nostra cronica incapacità di spesa – il problema non saranno i soldi, ma avere le idee sufficientemente chiare per non lasciarseli scappare.

di Alan Patarga

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