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giovedì, 21 Novembre, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga – E SE NONOSTANTE TUTTO QUESTA SCALCAGNATA ITALIA FOSSE L’ISOLA FELICE?

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Magari è presto per illudersi, e questa riflessione invecchierà prematuramente. Però, per una volta, proviamo a inforcare occhiali rosa e vedere l’effetto che fa. Mentre il mondo traballa sotto il peso di una tempesta finanziaria originata da un mix fatale di credito (troppo) facile, investimenti rischiosi e a leva e una politica monetaria schizofrenica (prima esageratamente lasca, poi d’improvviso eccessivamente restrittiva), c’è una serie di buone notizie che riguardano il nostro Paese che hanno fatto fatica a guadagnare i grandi titoli di giornali, tv e testate online.

IL LAVORO E L’ENERGIA

Il lavoro, per esempio. L’ultimo rapporto congiunto Bankitalia-Anpal-Ministero del Lavoro dice che nei primi due mesi del 2023 sono stati creati (al netto delle cessazioni) circa 100 mila nuovi posti di lavoro. Un dato circa un terzo (+33%) più elevato di quello del 2019, ultimo anno pre-pandemia, dunque di normalità cui è possibile fare riferimento per analisi statistiche non viziate dagli effetti del Covid. Qualcuno vi ha fatto cenno, ma in un Paese normale dovrebbe essere l’apertura di tutti i giornali: segno che, a dispetto delle cassandre che pronosticavano un’annata pessima per la nostra economia, l’Italia ha in sé una vivacità testimoniata dal mercato del lavoro. Dalla voglia, cioè, delle imprese di mettere in regola i propri addetti e guardare al futuro con fiducia. Certo, le incognite non mancano, a cominciare dall’inflazione che significa materie prime alle stelle e costi energetici difficilissimi da sopportare. Eppure, le difficoltà non bastano a fermare gli imprenditori italiani, che stanno assumendo come prima, più di prima. L’energia, dicevamo: nei giorni scorsi ha avuto sufficiente eco la notizia dell’arrivo della nave metaniera Golar Tundra nel porto di Piombino. Sarà allacciata alla rete nazionale dei gasdotti e si trasformerà in uno dei due rigassificatori promessi dal governo Draghi (e confermati dall’esecutivo Meloni) che dovrebbero contribuire a soddisfare il fabbisogno di gas del nostro Paese. L’impianto toscano garantirà, una volta a regime (l’avvio è previsto per il mese di maggio), circa 5 miliardi di metri cubi di gas naturale ottenuto dal processo di rigassificazione appunto del Gnl, il gas naturale liquefatto che l’Italia sta acquistando da numerosi Paesi – tra cui Stati Uniti e Qatar – per sopperire alla riduzione e in prospettiva all’azzeramento delle forniture russe. Ci sarebbe, insomma, di che festeggiare.

IL NODO DELLE BANCHE

I fantasmi che agitano i sonni degli investitori però ci sono. E sono effettivamente spaventosi. I crac delle americane Silicon Valley Bank e Signature Bank, il colosso Credit Suisse salvato a caro prezzo dalla rivale storica Ubs, i primi scricchiolii del sistema creditizio tedesco che salgono su fino al gigante Deutsche Bank sono tutte pagine di un horror finanziario di cui non conosciamo la fine. Le autorità di vigilanza e i banchieri centrali ripetono che non ci sono pericoli, che quelli di questi giorni sono episodi e tali resteranno, che insomma non c’è un pericolo sistemico per il comparto bancario a livello globale. Sono parole che abbiamo già ascoltato in passato, e non sempre alle rassicurazioni sono seguiti fatti corrispondenti. Anzi. Anche per questo le Borse, che reagiscono d’istinto ma che hanno anche memoria lunga, sembrano dare un peso relativo a tutte le voci di chi si ostina a dire che non c’è alcuna crisi in atto. Sia chiaro: sulla carta l’Europa dovrebbe essere al riparo da sorprese: le banche vigilate dalla Bce (non quindi gli istituti regionali tedeschi, molto rilevanti eppure esclusi dai radar della vigilanza) rispondono a regole stringenti circa la liquidità. Il cosiddetto sistema di Basilea 3, in passato assai criticato da chi lo accusava di essere un tappo ai rubinetti europei del credito, dovrebbe garantire coefficienti di liquidità tali da mettere tutti noi al riparo da sorprese. E però le crisi hanno fantasia, spesso più di quanto ne abbiano i legislatori. Ciononostante, vale la pena sottolineare quel che dice la Fabi, la Federazione autonoma dei bancari italiani, ossia il maggiore sindacato di categoria: che gli istituti italiani sono solidi, anzi sarebbe il caso di dire liquidi, e che per i nostri depositi su conto corrente non c’è nulla da temere. Di questi tempi, non è poco.

di Alan Patarga

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