Di Roberto Donghi
Non c’è più la politica di una volta, quella che in agosto mandava tutti in vacanza e si rifaceva viva prima del ferragosto con qualche tematica banale, assurda, ma che incendiava il dibattito giornalistico.
Nella terza repubblica le crisi di governo si fanno proprio quando siamo in ferie. Le speculazioni sul campionato prossimo ad iniziare e sul calciomercato de “la Gazzetta” o “Tutto Sport” hanno lasciato il passo a giornali più impegnati, che parlano di cose serie quali una crisi-farsa, ad orologeria, precipitosa, quasi isterica.
Una crisi che vede un banale ministro dell’interno sfiduciare praticamente sé stesso in parlamento, dichiarare che si andrà al voto, chiedere “pieni poteri” manco fosse il cancelliere Palpatine di Star Wars e tutto senza minimamente spiegarne il motivo, il motivo reale, senza farci bere quella storiella della tav che, era prevedibilissimo, il Movimento 5 Stelle avrebbe contrastato per non perdere, dopo la faccia, anche il culo.
Molte sono le ipotesi avanzate nelle ultime ore su cosa potrebbe fare Mattarella: governo tecnico magari a guida Draghi (unica salvezza) governo Pd-5Stelle (che porterebbe Salvini al 50%) continuare con l’esecutivo Conte oppure andare alle richiestissime elezioni.
Da ogni dove si alza infatti il belato del gregge che vorrebbe tornare al voto. Dalla Meloni a Zingaretti, dal vecchio Berlusconi ad, appunto, Salvini. Nessuno escluso, ognuno convinto di fare l’affare della vita, ognuno pronto ad andarci anche da solo se ciò significherà capitalizzare il massimo ed allearsi in seguito ai risultati delle urne (l’esperimento gialloverde ha aperto una nuova prassi che potrebbe consolidarsi). Una scelta che ad alcuni pare già decisa ed inevitabile e che potrebbe portare alla formazione di un governo peggiore di quello che lasceremmo.
E’ opinione comune, infatti, che la crisi innescata da Salvini sia una crisi ad orologeria, preparata in vista della finanziaria di Settembre, una finanziaria che preoccupa tutti e che forse Salvini vorrebbe gestire da solo, per accaparrarsi il merito di aver dichiarato finalmente guerra all’Unione Europea.
Perché alla fine è lì che andremo a finire, allo scontro con l’UE, uno scontro compatto, sostenuto da una forte maggioranza Lega-FDI, nel quale nessun Tria o nessun Conte potrà mitigare la posizione italiana o mediare sui vincoli.
A nessuno importa, infatti, del dialogo comune per avere maggior flessibilità e fondi per investire nelle imprese. Le priorità di Salvini, dopotutto, le abbiamo già viste: tra il cuneo fiscale e le pensioni, ha preferito le seconde e da mesi il capitano non vuole rispondere a domande quali “Dove troveremo i soldi per scongiurare l’aumento dell’Iva”?
Facendo i conti della serva parliamo di 23 miliardi per l’imposta sul valore aggiunto, 5,6 miliardi per rifinanziare quota 100, 8 miliardi per il reddito di cittadinanza (se sarà mantenuto) e tra i 50 e 60miliardi per una flat tax farlocca (come dimostrato da una simulazione del MEF del Febbraio 2019). Parliamo quasi di 100miliardi di euro, soldi che non abbiamo e che, dalle ultime dichiarazioni economiche del ministro dell’interno, pare salteranno fuori da “un sano deficit”.
Cifre delle quali Salvini è comunque ben al corrente ma per le quali forse spera di battagliare in Europa portando a casa zero, come sempre, per poi cavalcare un eventuale tsunami antieuropeo e, chissà, dare il via all’ “italexit”.
Uno scenario che preoccupa profondamente anche per i risvolti geopolitici che subire un’Italia più isolata in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo.
Il flop sovranista è già stato ampiamente dimostrato: perché dovremmo tenerlo in vita, fortificarlo con un governo Lega-FDI e farci carico di altre sciagure che prima o poi pagheremo?