di Gabriele Rizza
Giuseppe Conte, almeno per ora, è salvo: non andrà a trovare Mattarella per porre fine alla sua avventura da primo ministro. La lunga giornata al Senato ha partorito una fiducia risicata ma sufficiente a Conte e co. per riorganizzare le forze, testare gli “animi” dei senatori che ancora non hanno ceduto al fascino di diventare responsabili o costruttori, come va di moda dire di questi tempi. Per avere una maggioranza assoluta erano necessari 161 voti a favore, invece sono stati solo 156, di cui tre da parte di senatori a vita come Liliana Segre che, per motivi legati all’età, prende parte a circa il 20% delle sedute, e di Mario Monti, il “Rigor Monti”, come definito tempo addietro dai Cinque Stelle e che invece adesso si ritrova sulla stessa barca dei grillini. È la scontata sorprendente forza della politica: un romanzo giallo ricco di suspense di cui però conosci già il finale, tanto gli italiani sono da decenni abituati a leggere la cronaca politica italiana. Ai tre senatori a vita, vanno aggiunti anche quelli a sorpresa di due ex deputati di Forza Italia, convinti, a loro dire, dall’appello del Premier “agli europeisti e anti- sovranisti”, insomma, l’appello per tutte le stagioni. Quindi, la reale forza del governo si basa su 151 senatori, gli altri cinque, per motivi diversi, non offrono adeguate garanzie di sopravvivenza fino al 2023: basta un’assenza in aula su un voto o una richiesta troppo hard per gli equilibri di governo e delle poltrone, per far cadere giù tutto come cadde Romano Prodi nel 2007. Però a camminare zoppicando sono abituati dalle parti di Palazzo Madama, perché zoppicano ancor prima di farsi male. L’andazzo cronico italiano è questo, come è ormai abituato a muoversi nel buio.
La buona notizia per Conte è che ha preso tempo per “costruire” la seconda vita del Conte bis o per preparare il Conte ter. Passato infatti il momento del salto nel buio e del ciclone mediatico sulla giornata al Senato di martedì, molti senatori potrebbero cedere alle lusinghe più in sordina o con delle motivazioni più appetibili mediaticamente, come “il governo sta dimostrando serietà e che non vuole solo tirare a campare ma costruire qualcosa di nuovo”, niente di che il linguaggio della politica italiana non abbia già sentito. E poi nel mezzo della totale incertezza per qualcuno sarebbe più pericoloso dare il colpo di grazia. Però non bisogna perdere tempo, perché le debolezze croniche del governo rischiano di palesarsi perdendo appeal. Il Premier ha tempo, ma deve usarlo di fretta.