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Il peccato di gola: non commetterlo sarebbe un vero peccato

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di Martina Grandori

È uno dei sette Vizi capitali, ossia superbia, avarizia, lussuria, ira, invidia, gola, accidia, è quella trasgressione libidinosa a cui l’uomo non resiste. È il peccato di gola, quell’istante di gioia, quell’istante di contentezza nell’assaggiare delizie per il palato, bomba di felicità, antidoto alla depressione a tutto tondo, specialmente per questo funesto 2020 che ha travolto il mondo.
Il peccato di gola è più che mai sdoganato, la felicità è uno stato d’animo che ci appartiene, «non cercheremmo di essere felici», diceva Sant’Agostino, «se non conoscessimo già la felicità». O almeno la sua idea. E l’essere appagati vuol dire assaporare la felicità. La felicità è questione di memoria, di quella memoria lieta che attendiamo con fervore: il cervello ricorda quei sapori sublimi di un cibo extraordinario, ovvero il peccato di gola, e subito dopo ne desidera ancora. È in quell’istante che l’uomo dovrebbe riuscire a cogliere la felicità delle golosità.
Lontani fortunatamente quei tempi in cui il concetto storico di peccato di gola, e quindi di colpe e condanne, viene messo all’indice come nel sesto canto della Divina Commedia, in cui Dante Alighieri posiziona nella terza cerchia dell’Inferno i peccatori di gola, costretti ad ingoiare la fanghiglia generata da una incessante pioggia fredda e nera. Mentre i golosi del Purgatorio sono ridotti a corpi scheletrici, camminando sotto alberi rivolti sotto sopra carichi di frutta e acqua soffrendo la fame e la sete.
Oggi per fortuna questo approccio ostile verso queste debolezze è andato sfumando. Nel nostro tempo, se intelligenti e moderati, i peccati di gola sono diventati quel momento gratificante a cui non ha senso rinunciare. Non ha senso rinunciarvi perché anche un cioccolatino o una tartina o una coppa di champagne aiutano ad essere felici, e tutti in questo momento di isolamento, cercano la fervidamente la felicità. Il peccato di gola una tantum non è un’espressione di frustrazione, anzi, fa bene alla nostra psiche affamata di contatti umani, spariti da febbraio 2020.
Evviva la felicità breve e intensa del peccato di gola.