Da qualche tempo è comparsa sulle TV nazionali una nuova pubblicità dei pannolini per bambini. Nella fattispecie lo spot pubblicizza i nuovi pannolini della Huggies, differenziati per bambini e bambine. Che ci sia una differenza in questi prodotti a seconda del sesso del neonato ci può stare, vista la differenza anatomica che intercorre tra un bambino e una bambina e la conseguente diversa posizione del bagnato sul pannolino, ma che questa diventi anche la scusa per fare del becero sessismo non è accettabile.
Lo spot infatti sostiene che già a pochi mesi lei è sensibile e tenera e lui avventuroso. E il concetto è rafforzato dall’immagine della neonata che stringe una bambola mentre il neonato gioca con un aeroplanino. Che questa pubblicità sia stata diffusa nello stesso periodo che ha visto tornare in patria la nostra astronauta Samantha Cristoforetti genera un ulteriore senso di tristezza e grottesco sulla faccenda.
Pare comunque che la pubblicità sia stata segnalata allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) per il contenuto sessista. L’idea che la donna sia sensibile e l’uomo avventuroso non è per nulla ovvia e “naturale” come vorrebbe far credere questo spot, che pretende di vedere differenze già in così tenera età. Queste idee, dovute ai ruoli attribuiti ai due sessi durante i secoli, sono unicamente culturali e basta dare un’occhiata alla realtà per rendersi conto della loro fallacia. È piuttosto difficile, a conti fatti, trovare una donna o un uomo che corrisponda perfettamente agli stereotipi. Quante donne sono avventurose e intraprendenti? E quanti uomini dimostrano sensibilità verso chi soffre? Osservando i bambini poi ci rende conto come non sia per niente vero che fin dalla prima età i comportamenti dei due sessi si differenziano. Anzi! Le differenze arrivano (e non sempre) solo grazie all’educazione, attraverso un instradamento da parte della famiglia che compra bambole alle bambine e attrezzi giocattolo e macchinine ai maschietti creando gli stereotipi.
La pubblicità dei pannolini, che spero venga tolta al più presto dalla televisione, non è l’unica a essere sessista. Ogni giorno siamo tempestati di spot che cercano di venderci detersivi rivolti alle donne e con donne come protagoniste, come a dire che è la donna e solo lei a dover fare le pulizie e i mestieri di casa. Certo, qualche pubblicità di tali prodotti presenta anche protagonisti maschi, ma non in modo paritario. Alcune mostrano l’uomo che pulisce in chiave umoristica o come eccezione. Ricordate la pubblicità anni ’80 del Nelsen piatti? Un uomo lavava i piatti e lo spot diceva “i piatti-ti, i piatti-ti, con Nelsen piatti li vuol lavare lui” il che ci mostra come fosse assolutamente eccezionale la cosa per la mentalità dell’epoca. E le cose non sono molto cambiate. Altri spot ci mostrano scapoloni imbranati che devono essere aiutati dalle donne nella scelta dei prodotti giusti.
Il massimo lo ha raggiunto, pochi anni fa, la pubblicità della Swiffer: una giovane coppia sta felice sul divano quando qualcuno suona alla porta. Il ragazzo si alza, apre e si trova davanti un grosso grumo di polvere con tanto di valigia e, con tutta calma, dice “cara, è per te”.
La pubblicità però non è che una vetrina della situazione sociale. Gli spot sono fatti per vendere e si rifanno quindi alla cultura sociale, ricalcando i
pregiudizi e gli stereotipi della società per attirare il pubblico e convincere le persone a comprare. E infatti non sono solo le pubblicità a essere sessiste, ma lo sono anche i prodotti. Lo si vede in modo evidente dai giocattoli. I giochi per bambina sono atti ad educare le bimbe a divenire buone mogliettine subordinate al marito. Recentemente, per fare un esempio, ho scoperto l’esistenza di un kit giocattolo di attrezzi per la pulizia che educano già dai primi anni d’età la bambina a divenire una brava donna delle pulizie, mentre i maschietti vengono spronati a diventare meccanici, ingegneri, medici…
E se andate in libreria, nel reparto bambini, potrete trovare tanti libri per bambini piccoli (in età prescolare) che insegnano gli stereotipi di genere con frasi tipo “i maschi fanno questo” e “le femmine fanno quest’altro”, ricalcando biecamente lo stereotipo sociale maschilista. Perché in questa visione binaria, i ruoli dei maschi e delle femmine non sono solo diversi: il ruolo della donna è inferiore e subordinato a quello dell’uomo. Se l’uomo è medico, la donna è infermiera. Insomma, le bambine non vengono educate a essere indipendenti, e tanto meno a divenire delle dirigenti o delle persone importanti. Per loro si prospetta una vita subordinata e all’ombra del marito. E questa sì, miei cari, è ideologia di genere!
Enrico Proserpio