di Gabriele Rizza
Dopo le presentazioni di rito e i discorsi alle due camere, debutta ufficialmente il governo Draghi. Lo fa con il nuovo dpcm valido dal 6 marzo alla fine delle festività pasquali, il 6 aprile. A qualcuno mancheranno le conferenze stampa targate Conte – Casalino, ma almeno non abbiamo dovuto ascoltare la storia che le misure sono per salvare la Pasqua e poi tutte le festività che ci accompagnano verso l’estate. Questo almeno per ora, perché i contagi di martedì sono tornati a salire, quota 17 mila, a fronte di 335 mila tamponi contro i 170 mila di lunedì, e tante possono essere le sorprese da qui ad un mese. Intanto le misure di Draghi sono nel segno di una ragionevole continuità: più attenzione agli sviluppi dei contagi locali anche per valutare l’apertura o la chiusura delle scuole, lockdown che finalmente pare vadano nella direzione provinciale e comunale, come del resto era previsto nel piano anticovid di maggio e poi disatteso. Il metodo dei colori resterà quello stabilito in precedenza, ma è impossibile trattare ogni regione come un’unica realtà, la Lombardia per grandezza, popolazione, conformazione e divisione, è roba ben diversa dal Molise o dalla provincia autonoma di Bolzano. Per esempio è una buona notizia che il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini abbia portato in zona rossa solo la città metropolitana di Bologna, o Zingaretti messo nel mirino la Ciociaria, tenendo distinta la situazione nella Capitale. Anche Lombardia e Piemonte hanno agito così, come doveva essere e non è mai stato.
La strada da percorrere è proprio quella della capacità di leggere le situazioni su scala comunale e provinciale. Ci vuole capacità, coraggio nel prevenire e come sempre strutture ospedaliere all’altezza, perché anche se con lockdown localizzati in una sola provincia verrebbe coinvolta l’intera struttura sanitaria regionale. Se Draghi e i suoi ministri vogliono fari voler bene dagli italiani, conciliando salute ed economia, il metodo per controllare e rassicurare è proprio questo.
Per ora l’abolizione del divieto dell’asporto dalle 18 è un buon segnale. Misura totalmente inutile, perché in un comune dove i controlli funzionano non si creano assembramenti, ed ora che gli italiani smettano di pagare per le carenze pubbliche e che non paghino più per i comportamenti scorretti di pochi cittadini.