di Gabriele Rizza
Per fortuna esistono ancora la strada, le passeggiate, la socialità che seppur a stenti non si è mai fermata, esiste che ancora il mondo continua a vivere. Esiste, e a suo modo resiste, ancora la realtà. Se la vita di un cittadino si limitasse al giornale dalla grande tiratura e ai talk show in televisione avrebbe davanti da mesi un mondo a una sola direzione: la giostra dei colori delle Regioni, il bollettino dei contagi, il commento degli scienziati diventati ormai anche veggenti, sociologi ed educatori, e chissà se per qualcuno di loro i partiti riserveranno un posto in lista alle prossime elezioni politiche. Il numero dei vaccinati e la previsione del raggiungimento dell’immunità di gregge hanno sostituito sui giornali mainstream lo spazio in genere dedicato alla disoccupazione, a chi non ha una casa e allo sfruttamento sul lavoro. Persino la necessità dell’accoglienza dei migranti o il loro respingimento, è diventato qualcosa di poco importante e non prioritario anche se le navi non smettono di salpare dalla Libia, segno che evidentemente certe tematiche vengono messe in prima pagina non per il loro reale valore, ma per convenienza ideologica, distrarre da altri temi, portare acqua al mulino ora di un potere, ora dell’altro. Non può essere una pandemia, per quanto grave e dolorosa, a mandare un tema di attualità ancora in corso dalla prima pagina ad un trafiletto e a margine di un talk show, a mezzanotte passata.
La logica delle scelte mainstream non passano solo dal sostegno e dalla partigianeria per una parte o per l’altra: per prima cosa bisogna vendere o fare audience. In un mondo cui tutto si brucia e dura poco, in cui il bombardamento di notizie è per tutti, l’informazione diventa solo un mezzo, il fine è il sensazionalismo. Il coinvolgimento intellettuale e la curiosità di sapere cosa accade aldilà del proprio orticello, ha ceduto il posto alla costante necessità di creare e tenere sempre alta la tensione emotiva del pubblico. Nasce così, in piccolo e senza scomodare troppo i regimi del novecento, un totalitarismo dell’informazione. È il mondo che gira in questa direzione, tra bisogni inventati e nuovi desideri che hanno reso l’uomo da libero a consumatore, il mainstream non è altro che il lato dell’informazione di questo trend.
C’è poi un lato tutto italiano della vicenda: l’informazione mainstream ha scarsa considerazione del proprio pubblico, e oltre al sensazionalismo offre contenuti ritenuti alla sua altezza. A chi può mai interessare, se non a pochissimi, il caos in Libia, lo scontro tra USA e Cina, la Cina che per la prima volta ha avuto un grosso rallentamento delle nascite, oppure il Piano di ripresa italiano? Cambierebbero canale o comprerebbero un altro giornale. Chi però punta al basso, andrà sempre più in basso. È evidente.