di Stefano Sannino
«Finalmente Zeus ebbe un’idea e disse: “Credo di aver trovato il modo perché gli uomini possano continuare ad esistere rinunciando però, una volta diventati più deboli, alle loro insolenze. Adesso li taglierò in due uno per uno, e così si indeboliranno e nel contempo, raddoppiando il loro numero, diventeranno più utili a noi.»
(Platone, Simposio, 190c-d)
Così inizia uno dei più celebri miti di Platone, inserito all’interno dell’altrettanto celebre dialogo: “Simposio”. Questo mito, è conosciuto come mito di Aristofane o dell’Androgino e si propone non tanto di spiegare la nascita dell’essere umano, quanto piuttosto di giustifcare la ricerca erotica e sessuale che ogni essere umano compie lungo tutto l’arco della sua vita.
In principio, secondo questo mito, l’essere umano era composto da due metà, le quali potevano avere uguale sesso o sesso diverso oppure ancora sesso “androgino” avendo cioè caratteristiche comuni sia al femminile che al maschile. Questi essere avevano due volti, l’uno rivolto in una direzione e l’altro rivolto in quella opposta, quattro braccia, quattro mani, quattro gambe, due organi sessuali ed erano tondi. Inorgoglitisi per la loro potenza, gli esseri umani, tentarono la scalata dell’Olimpo. Zeus decise allora di dividere gli umani con un fulmine, portandoli così ad una separazione netta: fu così, secondo questo mito che nacque l’uomo come lo conosciamo. Incompleto, a metà.
Ma, il dolore provocato dalla separazione fu così profondo che molti esseri umani, si lasciarono morire di stenti, fra le braccia della loro metà, ormai separata da loro.
Zeus, impietosito da questa scena, decise di mandare Eros sulla Terra, cosicché almeno attraverso l’amore, gli esseri umani potessero ricreare, seppur in modo fittizio, quell’unione che li aveva caratterizzati in passato.
«Dunque al desiderio e alla ricerca dell’intero si dà nome amore»
(Platone, Simposio, 192e-193a)
Da quel giorno, l’uomo è costretto a cercare la sua metà mancante, per ricongiungersi attraverso l’Amore, in quello stato primordiale di unione aveva caratterizzato le loro anime ed i loro corpi. All’interno di questo mito, vi è una importantissima parentesi che viene generalmente conosciuta come “rivalutazione dell’amore omosessuale”. Ora, secondo Platone, la cui voce ricordiamo essere in questo caso Aristofane, partecipante al Simposio da cui il dialogo prende le mosse, gli esseri umani composti da due metà maschili, i quali ora sono coloro caratterizzati da amore omosessuale, sono in verità più “uomini” di coloro che vengono chiamati eterosessuali e che, secondo il mito, in passato furono invece composti da una parte maschile e da una parte femminile. Naturalmente questo potrebbe essere una sorta di auto-giustificazione per Platone, ma è comunque interessante notare fino a che punto la libertà del pensiero filosofico greca si era spinta all’epoca.
Da questo mito in avanti, la figura dell’androgino è rimasta nell’immaginario occidentale, caratterizzando sia la speculazione alchemica che quella religiosa, arrivando dunque a ricoprire un ruolo fondamentale per la nostra concezione attuale e di sesso e di sessualità. Ma da un punto di vista esoterico, cosa ci insegna l’androgino? L’androgino ci insegna a ricercare l’equilibrio che deriva dalla perfezione unificante dei sessi. Maschile e femminile, Sole e Luna, Oro e Argento uniti in un solo essere la cui potenza è inarrestabile ed il cui equilibrio non può essere rotto. L’androgino non è una condizione del passato, ma deve essere una meta per il futuro. Non sto qui parlando di condizioni genetiche quali l’ermafrodito o il bisessuato, ma sto parlando invece di una condizione necessaria al superamento dei propri limiti da essere umano. L’Androgino rappresenta l’unione perfetta degli opposti, l’espansione illimitata delle proprie capacità, l’equilibrio cosmico e spirituale del maschile e del femminile in un unico, limitato individuo.