di Stefano Sannino
In occasione della giornata della memoria, molti sono gli interventi pubblici di politici, filosofi ed accademici che giustamente ricordano lo sterminio degli ebrei perpetrato dai nazisti come una delle pagine più buie della storia dell’umanità.
Congiuntamente a questi interventi, si assiste a cadenza annuale ad una sempre più fervente condanna del fenomeno del nazismo ed ai singoli nazisti stessi.
Eppure, come ci ricorda la filosofa ebrea Hanna Arendt, i nazisti non possono essere completamente ritenuti colpevoli delle loro azioni. Una simile affermazione potrebbe far accapponare la pelle, ma è in verità ben giustificata dalla pensatrice, che spezza quel legame quasi teologico tra il Male Assoluto e le atrocità della guerra. Spezzare questo legame non significa però svalutare ciò che è accaduto. Anzi, significa aggravarne le conseguenze sociali.
Affermare infatti che i nazisti hanno fatto quello che hanno fatto solamente perché ingranaggi di un meccanismo infernale e malvagio, significa implicitamente dire che chiunque di noi potrebbe fare ciò che i nazisti hanno fatto. Forse in altri termini, certo, ma non meno negativi.
La riflessione della Arendt parte proprio dalla difesa che il gerarca nazista Eichmann presentò al proprio processo, affermando che tutto ciò che aveva fatto lo aveva compiuto solamente per “eseguire gli ordini”. Il nazista quindi, secondo la Arendt, non è un individuo devoto al Male e con una devianza mentale evidente, ma anzi è un individuo come tutti gli altri, come tutti coloro che durante il periodo delle grandi dittature si sono sentiti rappresentati dai leader politici dell’epoca.
Il soldato nazista, il camerata fascista, piuttosto che le folle di cittadini che si riversavano nelle piazze non è altro che un individuo che fa parte di una catena di comando e che esegue ciò che al momento la legge stabilisce.
Nella Germania nazista, la legge ordinava di segregare gli ebrei e le altre minoranze ritenute responsabili della condizione tedesca. Nell’Italia fascista era sempre la legge ad ordinare obbedienza al Duce. È per questo che la Arendt che, non dimentichiamolo, faceva parte delle minoranze perseguitate e sterminate, non dà nessuna colpa specifica al singolo individuo. Questa idea rivoluzionaria è stata però oggi dimenticata, in quanto spesso tendiamo -sulla scia della paura di quegli orrori commessi- a colpevolizzare il carnefice, dimenticandoci però che non è lui ad incarnare il Male. Il Male è tutt’altra cosa e viene compiuto inconsciamente da questi ingranaggi più o meno consapevoli del loro ruolo. Il Male con la M maiuscola sta dappertutto e non solo nel nazista. Il Male sta anche in chi tace, in chi si volta dall’altra parte, in chi cerca il dialogo con queste fabbriche di morte. Ecco cosa dobbiamo allora ricordarci oggi ogni 27 di Gennaio: che anche noi possiamo essere veicoli del male, anche noi -con ogni nostra scelta- possiamo rivelarci ingranaggi di un sistema malvagio, che trae il proprio compimento nella morte e nella sofferenza delle minoranze siano esse etniche, religiose, sessuali o di genere.
Ed ecco cosa significa che il male è banale.