Nell’Urss del Novecento andavano di moda i Piani Quinquennali. Nell’Italia dell’anno 2014 le Riforme Quotidiane: la perfetta fusione cattocomunista del Padre Nostro e del Piccolo Padre dei Popoli. Oggi la nostra riforma quotidiana, annunciataci da Palazzo Chigi direttamente dalle Pagine di Repubblica (che fa le veci della Pravda) è quella della scuola. Lascio i dettagli ai tecnici, quello che mi interessa è il principio: vi pagheremo di più, ma dovrete lavorare di più (ben 36 ore al giorno) e dovrete recuperare 22 giorni, a fine Giugno. A scuole chiuse. Dice il ministro Giannini: “Tutte le ricerche internazionali concordano sul fatto che gli insegnanti italiani lavorano meno, guadagnano meno e non fanno carriera. Vogliamo ribaltare le tre conclusioni”.
Falliranno. Falliranno clamorosamente. Falliranno per tre ottimi motivi:
1) Il primo presupposto è che la scuola non deve più essere un ammortizzatore sociale. Il che è errato. Non è più un ammortizzatore sociale. E’ il parco giochi di sindacati invecchiati ed incarogniti nella difesa di privilegi. Colpirli nella scuola (un milione di dipendenti, tra un terzo ed un quinto dei dipendenti statali totali) significa colpire per uccidere. Questo Governo, inutile dirlo, non ha la forza, né il nerbo, né la tempra di emulare la Lady di Ferro. Al massimo può impersonare il vaso di coccio tra vasi di ferro di Manzoniana memoria.
2) Il secondo presupposto è che il merito nella Scuola Italiana possa essere utilmente impiegato come parametro. Ci dispiace notarlo, ma il fronte dei nemici del merito come idea (loro la chiamano ideologia) è molto più forte dei suoi sostenitori. Il refrain è il capolavoro di Caterina Caselli: “Nessuno mi può giudicare”. Nemmeno tu. Che mi paghi lo stipendio. Taci e paga. E mi raccomando, non evadere, un milione di dipendenti senza controllo costano.
3) Il terzo presupposto è che gli insegnanti siano disposti allo scambio tra più ore e più soldi. Questo è del tutto falso. L’ho imparato per esperienza ed a mie spese. Di seguito il racconto, che spero possa illuminarvi quanto ha illuminato me.
Il mio primo lavoro è stato quello di editore digitale. Dal primo mese ho puntato sul mondo della scuola con una semplice idea: se l’Università vive sulle dispense dei professori, perchè anche alle superiori non può succedere? Combinando l’autoproduzione con i testi digitali si può risparmiare fino all’80% all’anno per le famiglie e si possono pagare in diritti fino a 1000-1200 euro ai docenti all’anno. Non vi era alcun obbligo di partecipare ed ogni testo sarebbe stato valutato da un consiglio di classe, per cui non vi erano nemmeno rischi per la qualità. Ai politici ed ai cittadini l’idea è piaciuta molto. Ai Presidi ha dato interessanti punti di riflessione. Agli insegnanti… mettiamola così, quelli che amavano il loro lavoro lo facevano già. Gratis. Poi c’erano quelli che non avevano nulla in contrario. Poi c’era il resto. Il resto non mi parlava, ed io non capivo. Devo ringraziare una sindacalista CGIL che gentilmente mi ha spiegato: gli insegnanti, oggi, sono stanchi e demotivati. Non vogliono guadagnare di più, vogliono solo lavorare poco. Possibilmente lavorare meno. Per quanto tu gli offra, loro si sono arresti. Ovviamente non tutti, ovviamente non ovunque. Ma ne bastano davvero pochi per rompere il meccanismo. E non sono nemmeno pochi. Oggi ho capito e faccio tutt’altro. Sono certo che fra sei mesi anche Renzi mi darà ragione.
In sintesi, bella l’idea, carino lo spunto e interessante la modalità. Nero il futuro. Renzi continua a scambiare il problema con la soluzione: una scuola migliore è possibile, una scuola Statale è ovviamente possibile. Un migliore scuola di Stato è impossibile. Il problema, come sempre, è lo Stato, eliminatelo ed avrete una scuola migliore.
Luca Rampazzo