di Gabriele Rizza
La Cina ha registrato 22 nuovi decessi a causa del Covid- 19, livello più basso mai registrato dall’inizio della raccolta dei dati sull’epidemia avviata a gennaio. Negli ultimi aggiornamenti, la Commissione sanitaria nazionale, ha comunicato che i contagi si sono attestati a 40, tutti a Whuan e nella sua provincia, l’Hubei, zone epicentro della crisi.
Nessun nuovo caso, per il secondo giorno di fila, nel resto del Paese e quelli registrati sono casi importati dall’estero, ovvero 4 su un totale di 67. Ad oggi i contagi sono 80.735, i morti 3.119 e i guariti sono ormai saliti al 72%, pari a 58.600 (+1.535 nella giornata dell’8 marzo). Tutto questo a sei settimane dalla messa in quarantena dello Hubei.
Le immagini degli abitanti di Whuan che cascano come birilli per strada e dei cani calati dai balconi sembrano ormai un lontano ricordo. La curva epidemica è in netto calo e pian piano le altre zone della Cina non focolaio stanno tornando alla normalità. La battaglia vincente del Dragone contro il Coronavirus ha avuto però un costo salatissimo. Dal 23 gennaio, Whuan e la sua provincia, l’Hubei – che nel complesso conta gli stessi abitanti dell’Italia – sono state isolate dal resto del mondo e i cittadini obbligati a restare a casa, con pene severissime per i trasgressori. Addirittura, poteva uscire ogni tre giorni una sola persona per appartamento, giusto il tempo di fare la spesa e recarsi in farmacia. Finché, agli abitanti di alcuni complessi di edifici, è stato imposto il divieto di uscire e l’obbligo di ordinare online ogni tipo di bene.
E’ stata inviata nello Hubei una task force di infettivologi proveniente da tutte le altre aree della Cina per non far mancare le cure a nessuno, sono stati costruiti due ospedali in tempi record e diversi impianti sportivi sono stati convertiti in ospedali improvvisati dotati di circa 15 mila posti letto per curare i pazienti con i sintomi più lievi, scongiurando così il totale collasso del fragile sistema sanitario.
Anche l’economia è sprofondata. Da gennaio la Cina ha un deficit commerciale di 7 miliardi di dollari, contro le attese di un surplus di 24,6 miliardi. L’export di gennaio e febbraio è sceso del 17,2% rispetto allo stesso periodo del 2019, più lieve il calo dell’import, fermo al 4%. Grazie al Covid- 19, Trump è riuscito dove non è arrivato con i dazi e i ban: il surplus commerciale della Cina con gli Usa, sempre nei mesi di gennaio e febbraio, è in calo del 40%.
Mettere in atto certe misure per un regime autoritario come la Cina è certamente più facile. Ad esempio, il Presidente Xi Jinping, ha potuto rimuovere e cambiare a proprio piacimento amministratori e funzionari del Partito Comunista, in una democrazia non sarebbe possibile. E’ possibile però per il Governo italiano capire che, in un paese dove i cittadini godono per fortuna di tutte le libertà possibili,è necessario gestire al meglio la comunicazione, evitando panico, isteria e protagonismi, come accaduto a Milano Centrale mentre la bozza del nuovo decreto serpeggiava sul Whatsapp di tutti. Perché in una democrazia la differenza la fa la responsabilità, non l’obbligo.
E’ l’ora di metterci alla prova.