di Stefano Sannino
Apparire. Un verbo che per la nostra società rappresenta, forse più di qualunque altro, infiniti comportamenti di degenerazioni, ma anche innumerevoli ansie e timori, incalcolabili sedute dallo psicoterapista.
Eppure, tutto questo ridicolo aggrapparsi al verbo apparire non può che portare intrinsecamente ad una degenerazione dell’animo umano, che comincerà automaticamente a dare importanza alle frivolezze della vita piuttosto che alla propria crescita, al proprio miglioramento o, più banalmente, alle cose più tangibili che ci circondano.
Ebbene sì, perché l’apparenza può riguardare certamente i possessi materiali tangibili, come vedremo, ma è, al contrario, incentrata sulla mancanza di autostima delle persone. Se avessimo autostima sufficiente, infatti, non avremmo certo il bisogno di mostrarci diversi da come siamo.
Eppure quell’attaccatura dei capelli troppo indietro, quel naso prorompente, quel grasso sui fianchi o sulle cosce, paiono essere i problemi più insormontabili che talvolta la società ci mette davanti. Ed ecco, allora, che la nostra vita diventa un affannarsi compulsivo ed ossessivo per risolvere queste imperfezioni: palestre, chirurghi plastici ed estetici e dietisti rischiano di divenire il nostro padre quotidiano.
Ed esattamente come ogni cosa che viene abusata o usata con la forma mentis sbagliata, anche queste altre cose che intrinsecamente potrebbero essere salutari e positive per noi e per il nostro corpo, rischiano di divenire nient’altro che un’ossessione che ci assilla in ogni ambito della nostra vita ed in ogni momento della nostra giornata.
L’abbigliamento non fa eccezione: tutti desideriamo apparire al massimo delle nostre potenzialità, indossando quel genere di abbigliamento che in quel momento va per la maggiore. Lo stile personale si è completamente annichilito sotto l’egida del desiderio di apparire belli o alla moda o ricchi e quindi tutti indossano le stesse cose. I ragazzi usano i jeans strappati sulle ginocchia o super-skinny, felpe oversize di marca e capelli rigorosamente in doppio taglio portati in avanti sulla fronte; mentre le ragazze si uniformano con jeans a vita alta, top color pastello o bianchi, o in alternativa pezzi di abbigliamento maschile che importano nel proprio guardaroba.
Quel che è certo è che tutti si piegano a questa omologazione: che sia per piacere a qualcuno, per sentirsi accettati, per conoscere nuovi amici o semplicemente per riuscire a guardarsi allo specchio ed apprezzarsi senza sentirsi giudicati, tutti cambiano qualcosa di se stessi per poter entrare in questo mondo dove tutti sono bellissimi.
Vi è però un piccolo dettaglio che molti non prendono in considerazione nel momento in cui cambiano se stessi per assomigliare un po’ a quei superbelli da social: quella bellezza è tutta finta. Tutti abbiamo i brufoli, tutti tendiamo a perdere capelli, tutti abbiamo qualche chilo di troppo, tutti non ci piacciamo con i nostri vestiti addosso. E allora, perché invidiare qualcuno che probabilmente si sente come noi, ogni volta che esce per strada o posta sui social media? Perché cambiare noi stessi, per poi essere nuovamente scontenti dopo poco tempo? Perché non concentrarsi a svilupparsi interiormente piuttosto che interiormente? Dopotutto, la bellezza comincia a morire dopo i vent’anni, l’intelligenza e la cultura – al contrario – non muoiono mai.