«[…] Un ruolo importante ha avuto la crescente preminenza del settore finanziario e dei relativi servizi alle imprese. Ciò ha permesso a questo settore di accumulare una enorme capacità lobbistica, che probabilmente si ricollega a un’altra delle indicazioni che emergono dallo studio dell’OCSE: il ruolo di primo piano svolto, nell’aumento della diseguaglianza, dai fattori “istituzionali” e politici. Le istituzioni, e in particolare le politiche, non sono ineluttabili o neutrali, non sono forze tecniche: sono il risultato di decisioni umane. Siamo di fronte a un processo di rafforzamento reciproco del potere economico e politico: a una spirale che consente ai più ricchi, grazia ai fortissimi incrementi di ricchezza, d’influire sulle politiche pubbliche, ottenendo risultati politici in linea con i loro interessi, e arricchendosi così ulteriormente.»[1]
In questa critica al neoliberismo nato negli anni ’80 del secolo scorso e sviluppatosi fino ad oggi[2], è impossibile non leggere un’oracolare lettura di ciò che la società contemporanea è diventata: uno strumento nelle mani di quei pochi, le cui decisioni sono economicamente e socialmente orientate. Non che questo sia necessariamente una sorpresa, dal momento che già Bernard Manin aveva ampiamente esaurito l’argomento in uno dei suoi testi divenuto poi un classico della politologia[3].
Il problema, dunque, ormai identificato dalla maggioranza dei teorici della politica risiede proprio nel sistema rappresentativo che, almeno ipso facto, non può certamente essere definito democratico. Le fondamenta stesse della democrazia contemporanea, in poche parole, sono da mettere in discussione in virtù di questa malattia sociale che lo stesso sistema democratico ha prodotto[4].
Lo Stato contemporaneo, divenuto ormai una fucina dell’inesperienza e dell’interesse economico, è completamente incapace di rendere conto dei reali problemi del Paese e del Popolo, sempre più emarginato dalle decisioni politiche ed economiche, poiché soggetto al potere di un’oligarchia politica che si muove non per soddisfare i propri elettori, ma piuttosto quelle aziende che finanziano le campagne elettorali[5].
L’idea di Labensraum, “lo spazio vitale” di cui il popolo tedesco necessitava durante il regime nazista, è poi tutt’altro che estinta, essendo una delle principali leve su cui i governi occidentali in particolare contano per controllare la popolazione, esasperando ciò che potrebbe essere definito, a tutti gli effetti, pessimismo nostalgico[6]. La società viene descritta, cioè, attraverso locuzioni oppositive, in cui “l’altro” è un pericolo per il “noi”[7], in cui lo straniero, l’immigrato, l’emarginato o il povero sono nemici da sconfiggere attraverso l’inasprimento delle pene e della giustizia nazionale.
Non vi sono molti dubbi, in questo senso, che il Decreto Legge approvato ieri dal CDM in merito alla criminalità giovanile, si possa ascrivere a questa visione oppositiva dello Stato, in cui l’ingroup del “noi” è sempre opposto all’outgroup del “loro”, in questo caso gli emarginati delle fasce anagrafiche più giovani. Anziché dunque investire sul sistema educativo italiano, che tra le grandi economie europee investe il 15% in meno[8] del PIL, si è deciso di guardare ancora una volta al problema da un punto di vista dell’inasprimento delle pene, ottenendo come unico effetto, oracoli a parte, una maggiore emarginazione degli emarginati ed un maggior arricchimento dei ricchi.
La soluzione, piuttosto che imporre la scuola dell’obbligo con sanzioni carcerarie e pecuniarie, dovrebbe riguardare gli strumenti a disposizione della scuola italiana per poter essere davvero una realtà competitiva a livello internazionale e, sopratutto, appetibile per i giovani; una possibile alternativa, in poche parole, alla strada. Costituendola come obbligo pena carcere, invece, il Governo ha dichiarato, a grande voce e senza possibilità di fraintendimenti, la scuola come nemico pubblico delle fasce più emarginate dei giovani del nostro Paese, che adotteranno così posizioni ancora più estremiste e, probabilmente, violente.
Questo DdL recentemente approvato dovrebbe servire come prova della totale inefficacia di qualsiasi governo postdemocratico, sia di sinistra che di destra, sia liberale che conservatore: la struttura stessa della nostra società riflette ormai una malattia di cui, proprio come un cancro, sarà difficile per noi liberarsi.
[1] C. Crouch, Combattere la Postdemocrazia, Laterza, Bari 2020, p.25
[2] ibid. p. 22
[3] cfr. B. Manin, Principi del Governo Rappresentativo, Il Mulino, Bologna 2010
[4] cfr. J. Brennan, Contro la Democrazia, LUISS, Roma 2018
[5] Per approfondire cfr. B. Manin, Principi del Governo Rappresentativo, Il Mulino, Bologna 2010, pp.158-162 e
C. Crouch, Combattere la Postdemocrazia, Laterza, Bari 2020, pp. 22-45
[6] C. Crouch, Combattere la Postdemocrazia, Laterza, Bari 2020, p.102
[7] L. Anolli, Fondamenti di Psicologia della Comunicazione, Il Mulino, Bologna 2006, pp.251-275
[8] https://www.unimpresa.it/i-giovani-e-listruzione-la-spesa-pubblica-in-italia-e-i-divari-da-colmare/46382#:~:text=L’Italia spende per l,medio registrato nell’Unione europea.
di Stefano Sannino