di Sara Matteucci
Ieri sera è andata in onda l’ultima puntata de Il Collegio, il docu-reality trasmesso da Rai Due. I protagonisti sono una ventina di adolescenti fra i 13 e i 17 anni catapultati in una realtà scolastica collegiale degli anni Novanta. Un vincolo di rigore e disciplina accompagna il mese di permanenza dei baldi giovani all’interno del collegio. Una bella lezione per gli adolescenti 2.0, anche se di fatto la trasmissione sfrutta i ragazzi edulcorando il tutto con uno spiccato senso di moralità. Il corpo docenti è composto prevalentemente da attori in veste di preside e maestri, coesi nel dispensare metafore di vita di elementare levatura. La sapienza sembra appartenere piuttosto ai collegiali che puntata dopo puntata creano un piacevole intrattenimento. Un gruppo classe variegato composto da alunni riflessivi, ponderati ma anche sfrontati e maleducati; alcuni ambiscono a diventare influencer, altri vivono con timidezza la pubertà e si rifugiano nel caro diario segreto.
Uno spaccato che racconta i vizi dei nostri millennials in un parantesi temporale dove a prevalere erano le virtù.
Non sono trascorsi molti anni dal 2017, quando andò in onda la prima edizione del programma, in cui gli ingenui protagonisti non sembravano padroneggiare la situazione, oggi invece dirigono accuratamente i fili di un meccanismo collaudato dall’asse tv-web che genera followers e fruibilità per guadagnare potenzialmente cifre da capogiro.
Nel momento storico di maggior crisi del sistema scolastico italiano, Il Collegio appare come una dicotomia tra uno sbiadito ruolo educativo originario e la consacrazione del successo sterile di talento. E’ impacchettato ad hoc ma forse non è il regalo più consueto per questo incerto Natale.
Eppure funziona. La puntata di ieri ha registrato uno share di share 11.2% pari a 2.529.000 spettatori. Lo scorso 15 giugno 2020, la società di produzione del format, la Banijay Groupe, ha annunciato il rinnovo per altre tre stagioni fino al 2023. Ne vedremo delle belle?