di Stefano Sannino
Una delle usanze più antiche da sempre praticata durante la notte del Natale è quella del ceppo di Natale, o ceppo di Yule. Non è infatti un segreto che le tradizioni natalizie derivino da tradizioni pagane pre-esistenti, adottate per facilitare la conversione del popolo, eppure il ceppo di Yule è stata senza dubbio la tradizione con maggior successo dal 1100 d.C fino ad oggi.
Un grande ceppo veniva fatto ardere dalla notte del 24 dicembre nel camino delle case e lasciato poi bruciare per le dodici notti successive, fino all’epifania. Perfino le ceneri del tronco non venivano gettate, poiché tradizionalmente investite di proprietà magiche e curative, impiegate per fertilizzare i campi per tutto l’anno successivo.
Il ceppo stesso, simbolo di un fuoco perpetuo che arde anche durante il periodo più buio dell’anno, non è altro quindi che un modo rituale e simbolico, di rappresentare la necessità di ravvivare la luce solare, che dopo i giorni di fine Dicembre, torna ad essere più intensa e lunga. Eppure, secondo altri studiosi, il ceppo di Yule avrebbe origini simboliche addirittura più antiche: sarebbe infatti il simbolo del dio sumero Nimrod caduto, mentre l’albero sempreverde di natale sarebbe il suo simbolo di rinascita. L’abbattimento del Dio Nimrod, viene rappresentato infatti proprio come un ceppo, mentre la sua rinascita come un sempreverde. È sulla base di questa iconografia che lo studioso Alexander Hislop ha ipotizzato un’origine mesopotamica della tradizione del ceppo di Yule.
Oggi, sempre meno persone ardono un ceppo nella notte della vigilia di Natale, ma forse quasi tutti, abbiamo almeno una volta assaggiato un tronchetto di Natale: dolce francese originatosi proprio da questo particolare rituale simbolico. Qualunque sia la sua origine, che probabilmente ci rimarrà per sempre ignota, il tronco di Natale non è altro che un’ennesima dimostrazione di quanto i simboli siano importanti per l’uomo dalle prime forme di società, fino ad oggi. E questo particolare simbolo, che sia cristiano o pagano, non può che ricordarci che il fuoco della conoscenza, della speranza e della forza, va alimentato anche nei periodo più bui, se si vuole – nel futuro – raccogliere i frutti del proprio lavoro.