di Gabriele Rizza
C’è chi lo ama e chi lo odia: Bruno Vespa, insieme a Mentana, resta la memoria storica della cronaca politica italiana. I suoi libri di fine anno sono sempre dei best seller, così come la loro presentazione alla stampa sono sempre un riavvolgimento del nastro dell’anno che è stato, dell’anno che sarà. Alla presentazione del suo ultimo volume “Perché l’Italia amò Mussolini”, di fianco a lui c’erano i leader del centrodestra, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, incalzati a parlare del governo in bilico per la diatriba Conte- Renzi e della posizione del centrodestra.
La posizione espresse dai leader segnalano ancora un’opposizione ancora in cantiere, pur unita nella prevedibile contrarietà al governo e nel voto anticipato. Per Matteo Salvini ci vuole “Un governo con pochi punti in programma, un governo di centrodestra, non un governo Salvini, per quel che mi riguarda ci sono personalità fuori dal Parlamento di area politica nostra che potrebbero traghettare il paese alle prossime elezioni“. Posizione più ideale che reale, perché per percorrere questa pista i numeri non bastano, se non con il solito appoggio dei “responsabili, che sicuramente sarebbero dalla parte di un governo Draghi, come auspicato da Giorgetti, stratega della Lega. Salvini sa bene che uno scenario del genere potrebbe essere un boomerang prima di tutto per il suo consenso, perchè sulla coerenza sta tentando di delineare il suo mood politico. A lui prendersi i rischi.
Più realista la linea di Giorgia Meloni: “FdI non farà mai alleanze organiche con Renzi, né con il Pd o M5s” e sull’eventuale appoggio dei responsabili, l’idea è matematica: “All’Italia non serve un governo che si regge su uno o due parlamentari“. Il punto saliente della posizione della Meloni, è che la sua linea più oltranzista rispetto a quella di Salvini, è per il momento un’assicurazione sulla vita per Conte: tirandosi fuori da qualsiasi governo alternativo senza andare al voto, costringe il leader leghista a pensarci dieci volte prima di appoggiare un governo di unità nazionale, perché poi alle urne gli elettori di destra premierebbero più la linea dura della Meloni che quella istituzionale di Salvini. A giovarne per il momento è quindi Giuseppe Conte, che governa in assenza di numeri alternativi in Parlamento.
L’occhio dei due leader è anche sull’alleato Silvio Berlusconi, il quale si mette, non a torto, nelle mani di Mattarella. Il Colle giocherà una partita decisiva, come è abitudine in questi anni di grande turbolenza politica. Per ora le posizioni sono tutte di guardia, il centrodestra aspetta la mossa delle altre pedine, forte di avere ampiamente i sondaggi dalla propria parte.