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giovedì, 21 Novembre, 2024

Il caso diplomatico dietro la leader dei Mojahedin del Popolo Iraniano

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L’Iran ha convocato l’ambasciatore italiano a Teheran, Giuseppe Perrone, in seguito ad un incontro organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi con la presidente del Consiglio Nazionale per la Resistenza Iraniana, Maryam Rajavi.


L’incontro era stato moderato dal direttore del portale Formiche.net, Giorgio Rutelli, e aveva visto la partecipazione del Segretario della Fondazione Einaudi, Andrea Cangini, giornalista ed ex deputato di Forza Italia. In un editoriale pubblicato sul sito della Fondazione, Cangini ha criticato duramente le parole del direttore per gli Affari europei presso il ministero di Teheran, che aveva invitato il governo italiano ad «evitare di trasformare il Paese in un rifugio per terroristi». Secondo Cangini «ogni liberale dovrebbe sentirsi offeso» dalle parole del direttore per gli Affari europei iraniano e ha sottolineato come la Fondazione Einaudi stia dalla parte del popolo iraniano e non dei mujahidin di Maryam Rajavi

La nota pubblicata dal Segretario della Fondazione Luigi Einaudi, Andrea Cangini, firmata da 307 parlamentari. (Twitter)


Durante l’incontro, Rajavi ha illustrato il manifesto politico del Consiglio nazionale per la Resistenza iraniana, che ha rappresentato, negli anni, la più forte forma di opposizione al regime teocratico guidato dall’Ayatollah Khamenei. Il manifesto del CNRI consta di dieci punti, che prevedono l’istituzione del suffragio universale; libertà di stampa; pluralismo; parità tra i sessi; separazione tra Stato e Chiesa; rispetto dei diritti umani; riconoscimento della proprietà privata; abolizione della pena di morte.


Anche il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha commentato duramente la reazione iraniana, ricordando al regime teocratico che in una democrazia «ognuno fa ciò che ritiene opportuno a patto di non violare il diritto nazionale e internazionale».
Maryam Rajavi è la moglie di Massoud Rajavi, primo leader dei Mojahedin del Popolo (Mojahedin-e Khalq, MEK), il braccio armato del Consiglio Nazionale per la Resistenza Iraniana. Le ultime notizie su Massoud Rajavi risalgono al 2003, durante la guerra in Iraq, e attualmente si ritiene che sia morto. L’organizzazione fu fondata nel 1960 ed era originariamente alleata all’Ayatollah Ruhollah Khomeini, ma in seguito alla rivoluzione islamica del 1979 e alla fuga dello scià il rapporto di reciproca collaborazione si incrinò bruscamente.

Maryam Rajavi durante una conferenza a Parigi, a giugno del 2014. (Wikimedia Commons)


Da allora, i Mojahedin del Popolo hanno tentato di attuare una rivolta armata nei confronti dell’Ayatollah, ma sono stati duramente repressi e hanno dovuto rifugiarsi in Iraq, dove hanno collaborato con il regime di Saddam Hussein durante gli anni della guerra tra i due Paesi, che durò dal 1980 al 1988. Proprio a causa dei rapporti tra il MEK e il regime iraqeno, in patria i membri dell’organizzazione sono stati largamente considerati come dei traditori e l’attuale sostegno di cui godono proviene soprattutto dall’estero.

Il MEK è stato aggiunto alla lista delle organizzazioni terroristiche dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, rispettivamente nel 2002 e nel 1997, per poi essere rimosso negli anni seguenti, in seguito alla svolta attuata da Maryam Rajavi. Nonostante ciò, i metodi attuati dall’organizzazione nei confronti dei propri membri sono ritenuti piuttosto controversi dalla gran parte degli esperti di Medio Oriente. Sebbene il MEK sia nato come un’organizzazione di ispirazione marxisista-leninista, negli ultimi ha raccolto soprattutto il sostegno dei partiti di centrodestra europei e del Partito Repubblicano statunitense. I leader del GOP, tra i quali l’ex vicepresidente Mike Pence, hanno più volte presenziato alle conferenze del ramo politico del MEK, di cui Maryam Rajavi è presidente: il Consiglio Nazionale per la Resistenza Iraniana. Gli incontri del CNRI si tengono a Parigi, ma i
membri del gruppo sono in esilio in Albania, l’unico Paese che finora ha mostrato la propria disponibilità ad ospitarli.


Per anni Maryam Rajavi è stata identificata come la più credibile leader dell’opposizione iraniana, ma attualmente circolano diversi dubbi sull’eventuale sostegno che sarebbe in grado di raccogliere in patria nel caso il regime teocratico degli Ayatollah dovesse decadere.

di Giuseppe Russo

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