Ieri si è concluso l’ultimo giro di consultazioni indetto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Consultazioni che non sono servite quasi a nulla, tranne che a irritare il Quirinale.
Infatti negli ultimi giorni abbiamo assistito ad un corteggiamento tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini con la conseguente tensione nei confronti di Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, che il M5S non li vuole al governo. Alla fine il presidente di Forza Italia è riuscito a mantenere compatto il centro-destra. Nonostante ad una parte della Lega, sotto sotto, non dispiacerebbe un’alleanza con i pentastellati, Matteo Salvini ricorda bene che i parlamentari uninominali della Lega (come di ogni altro schieramento) sono stati eletti da tutti gli elettori della coalizione, Forza Italia e Fratelli d’Italia compresi. Inoltre dopo anni a raccontare, giustamente, che il governo PD era sostenuto dai “traditori” alfaniani, non poteva di certo anche lui rompere l’alleanza e fare “la fine di Casini, Fini, Alfano e Verdini”.
Sul piano tecnico c’è da considerare che Lombardia, Veneto, e Friuli Venezia Giulia sono guidate da un governatore leghista insieme ai consiglieri di Forza Italia e Fratelli d’Italia, così come decine di comuni. Come si spiegherebbe agli elettori che in parlamento l’alleanza è rotta e negli enti locali la coalizione regge?
Escluso quindi il governo cdx – M5S, anche il forno con il PD è comunque spento (e non è mai stato acceso). Matteo Renzi, astutamente, prima della Direzione del 3 maggio, è riuscito da Fazio a Che Tempo che fa a dettare la linea. Assolutamente legittima e giusta. Cosa pensava Di Maio? Dare dei delinquenti e dei mafiosi a mezza Italia per cinque anni e poi governarci insieme? Inoltre la famosa formula del contratto di governo non è altro che una mera alleanza di governo, come fece responsabilmente Silvio Berlusconi nel 2013 quando fece il governo col PD guidato da Enrico Letta, proprio con una formula di contratto di governo che permise l’abolizione dell’IMU, cavallo di battaglia del Popolo della Libertà.
Ora il Quirinale ha dettato un bivio: governo neutrale fino a dicembre per scongiurare l’aumento dell’IVA e l’esercizio provvisorio causato dalla mancanza approvazione della Legge di Stabilità o urne ad autunno. Di governi tecnici ne abbiamo già visti passare, prima ero lo Spread e ora l’IVA, quando per scongiurare quest’ultima basterebbe una votazione in Parlamento, non un governo. Lega e M5S hanno già proclamato di andare alle urne a luglio, a estate inoltrata, a pochi mesi di distanza. L’opzione più valida, caldeggiata da Silvio Berlusconi, è il voto in autunno, verso ottobre.
Sarà un ballottaggio: o vince il centro-destra o vince il Movimento 5 Stelle. Decisivi saranno i voti degli elettori del PD.
Redazione Milano.