Di Vito Foschi
Il sindaco Sala ha trasformato l’intera città di Milano in una zona a traffico limitato, vittima e complice delle istanze ambientaliste più estreme. L’ultima trovata è stata quella di aumentare il ticket di ingresso alla città da 5 euro a 7,50, una cifra significativa per un lavoratore che si trova costretto a recarsi in città per guadagnarsi il pane. Lo scopo è quello di ridurre la circolazione delle auto a favore dei mezzi pubblici nell’illusoria idea che la minore circolazione di auto possa migliorare la qualità dell’aria. Si tratta più di una trovata contro la mobilità privata piuttosto che una soluzione per ridurre l’inquinamento, perché si è visto durante il Covid che le polveri sottili sono aumentate nonostante il blocco pressoché totale delle auto private. Ciò era dovuto al maggior tempo che le persone passavano a casa usando di più i riscaldamenti casalinghi e di conseguenza aumentando l’immissione in atmosfera delle polveri sottili. Purtroppo la pianura Padana è una conca circondata dalle montagne e la circolazione dell’aria è piuttosto ridotta. L’aumento del ticket non ha avuto i risultati sperati e alcuni consiglieri della stessa maggioranza del sindaco lo hanno attaccato. Non ci si rende conto che con la difficoltà di trovare posteggio in città, il ticket da pagare e tutte le altre limitazioni al traffico, chi usa l’auto lo fa ormai perché costretto e non certo per il piacere di guidare. Sembrerebbe che per evitare il pagamento del ticket molti entrerebbero in Milano prima delle 7,30 quando partano i varchi a pagamento. Si è notato, infatti, un aumento della circolazione anche se il numero delle auto che passa ai varchi diminuisce. In qualche modo la gente cerca di sopravvivere alle vessazioni.
Quello che sfugge a molti ambientalisti è che impossibile spostare tutto il traffico privato sui mezzi pubblici, che così finirebbero con il collassare. Già oggi fanno fatica a servire i milioni di pendolari e immaginare che possano sopportare altre decine di migliaia di persone al giorno è pura utopia. Tra l’altro, non si capisce perché su alcune tratte di Trenord siano state eliminate le corse che partivano verso mezzanotte e che permettevano di poter cenare in città e poi tornare in provincia senza eccessivi patimenti. Forse per ridurre il numero delle auto?
I consiglieri “ribelli” hanno fatto notare che l’aumento delle auto ibride o elettriche che possano entrare senza il pagamento del pedaggio non va nella direzione della riduzione del traffico veicolare che parrebbe rimanere costante o aumentare leggermente. Questa considerazione mette bene in luce che per certi ambientalisti il problema non è tanto l’inquinamento, quanto l’auto in sé, quali simbolo di libertà. I mezzi pubblici, per quanto utili e comodi per i pendolari, non possono certo assurgere a simbolo di libertà, vincolati come sono a percorsi e orari fissi. L’auto permette di arrivare in posti dove i mezzi pubblici non arrivano, negli orari che più aggradano e permettono anche una mobilità sociale consentendo a chi abita in provincia di poter accedere alle possibilità della città. Molti vorrebbero trasformare le città in una sorta di fortini, quasi dei luoghi privati inaccessibili a chi viene da fuori, snaturando però così l’anima stessa della città che è tale perché ha un interscambio costante in entrata ed in uscita con il resto del territorio.
Premesso che oggi ogni comunità umana piccola o grande scambia con l’esterno, la città nasce perché esiste un flusso di persone e merci in entrata ed in uscita e non può essere pensata come una comunità autosufficiente come si può immaginare un villaggio sperduto medievale che comunque un po’ di scambi li aveva.
Stante il flop del provvedimento, sembra che l’unico motivo per cui resta in piedi questa giostra è per rimpinguare le casse comunali.